Il 90% degli italiani non ne può più della onnipresenza dei politici in televisione. Così ci dice il Censis. Cosa c’è dietro questo “gran rifiuto” da parte dell’opinione pubblica?
La presenza di politici nei salotti tv dovrebbe essere un’occasione di confronto aperto tra le elites, che ci rappresentano e governano, e i problemi che stanno a cuore ai cittadini, con la mediazione dei giornalisti. In democrazia dovrebbe essere la normalità.
Ma se la gente non sopporta più questo fenomeno non è certo perché non vuole saperne nulla della politica: non c’è nessuna fuga dalla realtà o rifugio nel privato, come si diceva un tempo. C’è piuttosto una doppia saturazione: le presenze sono numericamente eccessive e la qualità e l’utilità delle interviste e dei confronti cui i politici vengono sottoposti sono pressoché nulle.
In pratica, i politici in tivù ripetono sempre e troppo spesso sempre le stesse filastrocche senza che nulla davvero cambi e senza che da queste presenze emergano approfondimenti, riflessioni serie e novità interessanti.
Colpa di chi?
Il politico, come peraltro la maggioranza di chi è abituato ad andare in tivù, soffre di una sorta di bulimìa e dipendenza da video: più ci va e più ci vuol andare, e quando non viene invitato, va in crisi di astinenza.
I consiglieri per la comunicazione dei politici dovrebbero saper tenere a bada questa frenesia dei loro “assistiti” ed evitare un eccesso di presenza che, come in tutte le cose, prima o poi stanca, annoia e irrita. Un dosaggio equilibrato dei passaggi televisivi aiuterebbe ad evitare una overdose che genera dipendenza per i politici e fastidio per l’opinione pubblica.
Ma c’è di più. Il numero delle presenze in tv è sproporzionato rispetto alle attività concrete svolte dai politici, soprattutto quelli di governo e questo crea una profonda irritazione nell’opinione pubblica che potremmo sintetizzare così: venite ogni sera in tv a dirci che ci sono problemi da risolvere, litigate tra voi, promettete di affrontarli ma poi non succede niente, i problemi rimangono lì e voi tornate qui ad annoiarci con le solite cantilene.
Come dargli torno?
Ma non finisce la catena di cause dell’insofferenza contro la sovraesposizione mediatica dei politici. Un altro tema delicato è quello delle interviste cui vengono sottoposti i politici e l’assoluta mancanza di veri e propri faccia a faccia tra leader di parti contrapposte. E qui veniamo alle responsabilità che ricadono su giornalisti e autori dei programmi.
La quasi totalità delle interviste non mette mai il politico alle corde costringendolo a fornire risposte chiare e non evasive. Gli intervistatori seguono un canovaccio predeterminato, per cui alla prima domanda segue la seconda e via di seguito senza tener conto di ciò che viene detto nella risposta e che dovrebbe costringere il giornalista a scompaginare il suo schema ad inseguire la ricerca di risposte precise.
Altro difetto di queste interviste è che i politici spesso rispondono dicendo cose false, o profondamente inesatte senza che i giornalisti glielo facciano notare e chiedano spiegazioni per menzogne, dati campati in aria, sconfessioni di posizioni precedenti.
Senza una efficace mediazione del giornalista, che aiuti a comprendere e a non essere turlupinati, l’opinione pubblica rimane disorientata e non ne può più.
E infine, l’assenza di confronti diretti tra politici rende la loro presenza vacua. Succede spesso che un politico venga intervistato, nelle modalità che abbiamo adesso criticato, e che dica cose terribili del suo avversario. Poi va via. Il giornalista procede poi a intervistare l’avversario che a sua volta dice le stesse cose del politico che lo ha preceduto. Così abbiamo due racconti paralleli che non si incontrano-scontrano mai direttamente con il giornalista che non fa da arbitro imparziale del confronto ma da ambasciatore a freddo di messaggi altrui. E questo dà fastidio.
In conclusione: politici e governanti vadano meno in TV e più nei loro luoghi di lavoro, Parlamento e Ministeri; i giornalisti li invitino con parsimonia e li costringano a dire cose serie altrimenti non li invitino più; si realizzino dei confronti diretti tra avversari politici. Semplice no?