Sul caro energia una intesa dell’Unione non c’è, ma una soluzione che eviti la “frammentazione” sì. L’idea è la rivisitazione del programma Sure, che prevede prestiti – usati in passato per dare sostegno a maestranze ed imprese in crisi – che gli Stati membri possono usare per arginare il caro bollette. L’obiettivo tuttavia più importante raggiunto ieri a Lussemburgo dal Consiglio dei ministri dell’Economia e delle Finanze dei Paesi Ue, riguarda il patto sulla strategia energetica RePowerUe. Il piano europeo che prevede l’indipendenza dal gas russo. I 27 ministri hanno trovato un accordo per inserire un nuovo capitolo – tutto dedicato all’energia – nei Piani nazionali di ripresa dei singoli Stati, così da finanziare gli investimenti necessari per raggiungere l’autonomia energetica.
Economie Ue, sarà contrazione
L’intesa sul piano energetico da inserire nel Pnrr nazionali segna anche una preoccupazione sul prossimo futuro delle economie europee. Ad evidenziare i timori il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, “l’Europa sta pagando un caro prezzo per la dipendenza dai combustibili fossili russi”. E, soprattutto, che non si può più “escludere una contrazione dell’economia Ue durante l’inverno”.
Prepararsi uniti al peggio
Se i ministri Ecofin sulla strategia energetica RePowerUe, trovano un accordo, resta ancora in salita una intesa sulle scelte da fare contro il caro energia. Passi avanti ci sono e si punta ad un “Modello realistico” come indicano nel Piano Sure, i commissari Paolo Gentiloni e Thierry Breton. Iniziativa che servirà a salvaguardare una azione europea comune contro le scelte esclusive, come quella fatta dalla Germania che ha già varato un piano da 200 miliardi per frenare il prezzo del gas.
Produzioni nazionali in gioco
“Oggi più che mai dobbiamo evitare di alterare la competizione sul mercato interno”, scrivono Paolo Gentiloni e Thierry Breton, “Il fondo annunciato dalla Germania è, da un lato, esattamente la risposta di cui l’Europa ha bisogno. Dall’altro pone una domanda: che cosa significa per gli Stati membri, che non abbiano a disposizione lo stesso spazio di manovra della Germania per proteggere in modo comparabile le loro imprese e i loro bilanci?”.
Un interrogativo che posto in Italia, secondo paese in Europa per produzione manifatturiera, sconfina in una concorrenza sleale. Un massiccio aiuto nazionale da un indubbio vantaggio competitivo, facendo cadere il principio di solidarietà tra Stati. “Oggi più che mai dobbiamo evitare di alterare la competizione sul mercato interno”, insistono Gentiloni e Breton.
Europa di fronte al bivio
Le riflessioni sulla utilità del Piano Sure si sono ampliare al punto di chiedersi se l’Europa non fosse ancora una volta di fronte ad un bivio. Nelle intenzioni della maggioranza dei Paesi la prospettiva “è rafforzare i principio di solidarietà dell’azione comune, nella volontà come nei fatti”, nella realtà le posizioni nazionali contano, mentre lo sforzo di coesione mostra crepe.
Attenti alla rabbia sociale
Fuori dal dibattito europeo il vero rischio che la crisi energetica sta già innescando una crescente rabbia sociale dovuta all’inflazione da record e ai prezzi dell’energia astronomici. Tema caldissimo che ha spinto il commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni, a sottolineare l’importanza di un accordo tra Paesi. ”Quello che abbiamo fatto con Sure durante la pandemia era una proposta interessante” può essere quel modello, secondo l’esponente italiano, “basato sui prestiti potrebbe essere realistico”. L’obiettivo diventa “aumentare la solidarietà per evitare la frammentazione, e non criticare questo o quello Stato”.
RePower, risultato positivo
Ieri a Lussemburgo nel dibattito tra ministri è prevalsa l’idea – su indicazione del Consiglio europeo – di riformulare una parte del Piano nazionale di Ripresa in via di realizzazione nei Paesi riorganizzando la parte energia e chiedendo i prestiti da Next Generation Eu. Fondi che possono essere indirizzati verso investimenti in materia energetica. “L’obiettivo è rafforzare l’autonomia strategica dell’Unione”, si spiega da Lussemburgo, “diversificando le forniture energetiche e aumentando l’indipendenza e la sicurezza dell’approvvigionamento energetico dell’Unione”. “In termini pratici”, si sottolinea, “la proposta mira ad aggiungere un nuovo capitolo RePowerUe ai piani nazionali di ripresa e resilienza degli Stati membri dell’Ue nell’ambito del Next Generation Ue, al fine di finanziare investimenti e riforme chiave che contribuiranno a raggiungere gli obiettivi del piano energetico europeo”.
Dall’energia al salario minimo
A Lussemburgo i ministri hanno ampliato la discussione su altri progetti. In particolare è arrivato il semaforo verde alla direttiva sul salario minimo. Il testo è stato approvato a settembre dal Parlamento europeo, ieri però con il via libera dell’Ecofin è entrato in vigore. Il testo, da sottolineare, non fissa un salario minimo per tutti i Paesi Ue, tantomeno obbliga tutti gli Stati membri – come l’Italia – ad adottare la misura. La direttiva, è stato ricordato, in sede di dibattito vuole rafforzare il ruolo della Contrattazione collettiva, che dovrà arrivare a coprire l’80% dei lavoratori. Tema caro ai sindacati e Associazioni di categoria italiani che vedono nella Contrattazione collettiva, un impegno migliorativo a tutela dei lavoratori.