L’Occidente ha sbagliato la sua comunicazione verso il popolo russo, descritto e trattato come se fosse sodale e non vittima del suo despota. Ma le cose sono cambiate. Putin è ora in guerra anche contro il suo popolo che sa di essere stato preso in giro dalla zar per 7 mesi. I russi hanno scoperto di essere fino al collo in una guerra vera e propria che loro non sentono, in cui non sono aggrediti da nessuno ma sono aggressori-perdenti per giunta contro un popolo amico come quello ucraino. E l’Occidente non può far finta di niente. Deve rivolgersi ai russi, spiegare che non vogliamo umiliare né il popolo né la cultura russa e che l’unico ostacolo per riprendere i rapporti sereni e positivi che c’erano prima del 22 febbraio è solo Vladimir Putin. Aiutiamoli a liberarsene.
L’Occidente ha dato l’impressione di non distinguere tra il delirio di un autocrate e l’obbedienza forzata de suo popolo privato di libertà. L’errore è stato commesso anche quando qualche testa vuota ha pensato di censurare la cultura russa nelle sue manifestazioni letterarie, musicali, artistiche, teatrali etc. Un conto è togliere il podio a direttori d’orchestra, eccellenti maestri, ma squallidi incensatori di Putin, un altro è dire no a opere e balletti della grande tradizione russa. L’ultimo grave sbaglio è stato commesso in sede europea con lo stop alle facilitazioni dei visti di ingresso per i russi.
Le manifestazioni di questi ultimi giorni ci raccontano una storia diversa: il popolo russo si sente sempre più estraneo alla guerra di Putin.
La narcosi della propaganda nazionalista
Certo è stato sensibile alle eccitazioni nazionalistiche e imperialistiche che la propaganda del Cremlino ha usato per intorpidire le menti e nascondere la verità. All’inizio si è lasciato prendere dai toni trionfalistici dello zar che prometteva guerra lampo e ricostruzione veloce dell’impero. Ma quando decine di migliaia di giovani sono tornati dal fronte nei sacchi di plastica e alle loro famiglie è stato anche negato l’ultimo saluto, quando si è visto che la guerra d’invasione era un insuccesso, qualche dubbio si è insinuato anche tra chi-privato della libertà di informazione- era stato costretto a credere alle fandonie del Cremlino.
Gli errori dell’Occidente
Dopo il fallimento dell’assalto a Kiev l’Occidente avrebbe dovuto rivolgersi al popolo russo in maniera più intelligente, rispettosa aiutandolo a disintossicarsi dalla narcosi della propaganda putiniana. Avremo dovuto aprire le porte a chi voleva fuggire dalla Russia e assicurare a tutti sostegno e protezione nel nostro mondo. Quello che non abbiamo fatto prima lo dobbiamo fare adesso.
L’annuncio della mobilitazione dei riservisti -che certo non si limiterà a 300 mila unità- ha scatenato il panico e ha tolto la maschera a Putin. Per mesi ha mentito per mesi ai suoi cittadini sostenendo che non si trattava di guerra ma di un’operazione speciale.
Il popolo russo ha aperto gli occhi
Ora tutti in Russia sanno di essere in una guerra vera e propria di cui non sentivano affatto il bisogno e sanno anche che loro non sono gli aggrediti ma gli aggressori -perdenti contro un popolo amico come quello ucraino. Quale famiglia vorrebbe mandare a morire i propri figli e padri per una guerra che non è sentita come propria ma come un’imposizione del regime? Perché mai i russi dovrebbero immolarsi per assecondare le manie di grandezza di un uomo che non si arrende al suo inesorabile declino?
L’ennesimo passo falso dello zar
Putin sapeva che chiamando alla mobilitazione avrebbe seminato lo scontento. Ha provato a farne a meno Ma aveva subito troppe perdite sul terreno, aveva bisogno di altri uomini da mandare al fronte e ha deciso di passare il Rubicone: ora è in guerra anche contro il suo popolo. E l’Occidente non può far finta di niente. Dobbiamo rivolgerci ai russi, spiegare che non vogliamo umiliare né il popolo né la cultura russa. Non vogliamo renderli poveri e distruggere la loro economia. Vogliamo tornare a vivere con loro rapporti sereni e costruttivi. L’unico ostacolo è il loro capo. Se ne liberino. E noi dobbiamo aiutarli a farlo.