Piccolo è bello. Sembra questo il messaggio principale che riviene dalla Relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario, presentata in Parlamento e in attesa di approvazione. Tra le altre cose, mi piace sottolineare il riferimento alla mancata resa della riforma delle Banche popolari e di Credito cooperativo (siamo stati facili profeti in tanti, anni fa), che ha messo le piccole banche sotto il cappello di grandi gruppi e, di conseguenza, sotto la vigilanza della Bce, senza che esse abbiano potenzialità e strutture necessarie ed adeguate.
La conseguenza è che oggi dominano le banche senza sportelli, o con sportelli inefficienti, poiché ci si è concentrati nel frattempo sulla informatizzazione spinta, e sul virtuale anche se inutile, o forse utile solo a risparmi su risorse umane, che non hanno però abbattuto i costi per gli utenti. Dimenticando la specificità del risparmiatore medio italiano, correntista convinto utilizzatore di strumenti tradizionali di pagamento, e al massimo di pc e telefonino per ordinare un bonifico on line. Ma la massa desidera ancora un rapporto con la figura, umana, del direttore di sportello, del gestore, per manifestargli le sue esigenze e capire come orientarsi nel marasma di offerte e di prodotti disponibili.
La relazione richiama testualmente il problema, per le piccole banche locali, dell’allontanamento dei centri decisionali dai territori (oggi ci sono due grandi gruppi in Italia che le riuniscono). Aggiungo: andrebbe ricordato il rapporto osmotico tra le Bcc e i comuni dove operano, come banche “di prossimità”, vicine – in senso non solo fisico – ai risparmiatori e alle Pmi, che sono i più importanti, nel nostro paese, accumulatori di risparmio e richiedenti prestiti e servizi.
Il ripensamento viene auspicato dal documento parlamentare, e pure da chi scrive, evitando invece il riferimento, che pure si fa, ad una maggiore presenza dello Stato nelle banche più grandi. Il tutto pare francamente contraddittorio.