Uno dei temi ricorrenti della politica italiana è l’inefficienza della Pubblica amministrazione e la sua organizzazione inadeguata.
Stando ai dati della Ragioneria generale dello Stato, nel 2016 i dipendenti della Pubblica Amministrazione erano 3,2 milioni così distribuiti:
In assoluto non sono troppi, rispetto alla media degli altri Paesi europei. Il problema è che sono organizzati male, distribuiti in maniera irrazionale e che il risultato finale del loro lavoro non è adeguato alle esigenze del Paese.
Mettiamo da parte l’assenteismo che prima delle recenti riforme aveva raggiunto livelli scandalosi. Il problema è che andrebbe rivista l’intera organizzazione dei ministeri, l’efficacia dei processi e l'”ottimizzazione” dei lavoratori della P.A. tra le varie amministrazioni in modo da evitare eccessi in qualche ministero e carenze drammatiche in altri.
Ma chi può realizzare un progetto così rilevante per l’efficienza dello Stato con importanti ricadute sulla competitività generale del Paese?
Possiamo forse affidare questo compito a Ministri della Pubblica Amministrazione che non stanno mai in carica più di due tre anni e non fanno in tempo a studiare e capire la complessità delle singole amministrazioni? Dobbiamo delegare, come spesso succede, il tutto a una commissione parlamentare speciale o a un consesso di eccellenti studiosi di diritto amministrativo e di grand commis d’état?
La soluzione andrebbe trovata fuori dal perimetro della politica e dell’amministrazione pubblica.
Riformare macchine così complesse richiede enormi competenze e, soprattutto, una visione neutrale dei problemi senza condizionamenti di parte, politici, sindacali o peggio corporativi.
E allora come se ne esce? Una strada potrebbe essere sperimentata con un ministero Si potrebbe affidare ad una società di rilievo internazionale esperta nella consulenza aziendale che abbia un patrimonio di esperienze nel settore delle ristrutturazione e riorganizzazioni l’incarico di studiarsi per 6 mesi il funzionamento di un ministero, delle sue procedure, dei processi interni, delle competenze, con un assessment generale del personale etc. Al termine di questo studio la società dovrebbe proporre al Governo un piano per efficientare il ministero in questione, ridisegnando i processi, i ruoli, le funzioni, ridefinendo i profili professionali necessari ed evidenziando anche eventuali carenze di personale ma anche eccessi di forza lavoro.
Il Governo potrebbe far proprie queste proposte e procedere nel giro di un anno a ristrutturare il ministero per valutare nei due anni successivi l’efficacia della riforma realizzata ed eventualmente procedere con la stessa metodologia a ristrutturare tutti i ministeri.
Eventuali eccessi di personale non dovrebbero tradursi in riduzione del personale ma nella riqualificazione di questi lavoratori per ricollocarli nelle amministrazioni dove molte posizioni risultano scoperte con la conseguenza di inaccettabili ritardi nell’amministrazione della cosa pubblica, come per esempio nella Giustizia. Trattare i ministeri come aziende non è un’offesa: i ministeri, come le aziende, devono creare valore con il minor costo possibile.
Perché non provarci?