Nei giorni scorsi un giovane boss, detenuto da quasi dieci anni in regime di 41 bis nel carcere di Spoleto per associazione mafiosa, estorsioni, traffico di droga e per diversi omicidi commessi tra il 2001 e il 2009 – attraverso una lettera, passata al vaglio delle autorità competenti prima di essere resa nota – ha invitato i giovani a non seguire il suo esempio.
Una presa di posizione che ha fatto molto discutere, perché giunta all’indomani delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte costituzionale sull’ergastolo “ostativo”.
Abbiamo chiesto a don Antonio Carbone, sacerdote salesiano che gestisce una casa famiglia in cui sono ospitati diversi ragazzi che hanno avuto già a che fare con la giustizia di spiegarci quali effetti può avere una iniziativa del genere sui giovani…
Don Antonio quanto è importante un appello del genere?
“Vede ho fatto leggere questa lettera a due ragazzi che ospitiamo nella nostra in casa-famiglia perché hanno commesso dei reati. Gli ho chiesto cosa ne pensassero. E loro hanno fatto un sorriso…”.
E quindi?
“È difficile esprimersi: non ci è dato sapere se ci si tratti un ripensamento autentico o se, al contrario, ci sia l’intento di ottenere dei vantaggi particolari. La cosa importante è un’altra?
Cioè?
“Che ci sia davvero una presa di coscienza del fatto che questa strada non porta a nulla. La malavita offende la vita bella alla quale tutti siamo chiamati: crearsi una famiglia, abbracciare i propri figli, farsi una vacanza, senza aver paura di essere presi dalla polizia. Queste sono le cose da desiderare. Purtroppo scegliere il bene non fa rumore e certi media tendono ad una vera e propria esaltazione degli atteggiamenti camorristici che trovano molto più consenso nei ceti popolari, tra coloro che vivono in un ambiente dove la criminalità è di casa. Ecco il motivo per il quale la scena di una fiction come Gomorra o altre di quel genere hanno una presa molto più forte in confronto al contenuto di una lettera di pentimento sincera”.
Il 23 ottobre scorso la Corte costituzionale ha stabilito che i boss mafiosi all’ergastolo per stragi e omicidi potranno ottenere permessi premio, anche se non collaborano. Dopo la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, si è trattato è un altro colpo mortale all’ergastolo “ostativo”: ritiene sia giusto?
“Credo che sia molto difficile gestire i benefici carcerari, parlo dei cosiddetti permessi premio, in questi casi; per una serie di ragioni, mi riferisco alle carenze in organico delle forze dell’ordine, ai servizi sociali che avrebbero serie difficoltà a monitorare tali situazioni. Se nelle carceri si rinvengono telefonino o si intercettano pianificazioni di azioni criminali figuriamoci cosa potrebbe accedere nella eventualità di un ritorno sul territorio. Devo anche dire, però, che il regime carcerario del 41 bis meriterebbe un ripensamento, dando la possibilità, in forma protetta, di non rompere definitivamente i rapporti con i familiari. Chi sbaglia, per il solo fatto di aver commesso dei reati, anche grandi, non cessa di essere marito, padre, fratello, nonno eccetera”.