Le promesse mirabolanti in economia e le simpatie per Putin di Salvini se da un lato indeboliscono la Lega dall’altro cercano di offuscare l’immagine di affidabilità e di serietà che Meloni sta pazientemente costruendo per convincere l’elettorato esterno alla destra e per tranquillizzare l’Europa e i mercati. Un’operazione, quella di Salvini, senza logica e perfino autolesionista sia per la Lega sia per l’intera coalizione di centrodestra. Ma il leader leghista è fatto così: non ha una strategia precisa e come tattico è spesso vittima delle sue illusioni. Non ha capito che se vuol restare alla guida della Lega deve cambiare registro, deve smettere di fare l’arruffapopolo, deve rescindere i rapporti con la Russia e diventare più credibile e affidabile.
Per Enrico Letta le spine nel fianco si chiamano Bonelli-Fratoianni (con il loro estremismo anticapitalista, anti-Nato e con un ambientalismo vecchia maniera) e l’accoppiata Calenda-Renzi (che mette il sale sulle piaghe delle contraddizioni interne al Pd e tra il programma Pd e quello dei suo alleati). Per Giorgia Meloni L’elemento che cerca -per ora senza successo- di disturbare la sua costruzione di un centrodestra forte e vincente si chiama Matteo Salvini.
Il leader della Lega non si arrende di fronte all’evidenza: Fratelli d’Italia in 4 anni è passata dal 4% al 24% nei sondaggi; la Lega ha oscillato tra il 17% delle politiche del 2018, il 34% nelle europee del 2019 per precipitare intorno al 14% nelle ultime rilevazioni. Invece di interrogarsi sul perché di questo andamento elettorale, il leader della Lega si dedica a combattere contro la leadership di Giorgia Meloni e dissemina di mine il percorso che dovrebbe portarla a Palazzo Chigi.
Salvini ha rispolverato tutto il vecchio armamentario di proposte mirabolanti sul fisco e sulle pensioni che sono palesemente in contrasto con la promessa di Meloni di non far saltare i conti dello Stato. Inoltre, il leader leghista ostenta -non senza una dose di incorreggibile avventatezza- la sua particolare attenzione per la Russia di Putin mettendosi sullo stesso piano di Fratoianni e di Giuseppe Conte: nulla di più lontano dalla netta scelta filo-occidentale di Meloni che non ha mai avuto esitazioni sulla condanna totale all’aggressione russa all’Ucraina e sull’invio di armi a Kiev.
Meloni non replica mai alle sortite di Salvini perché non ha nulla da chiarire vista la chiarezza della linea di Fratelli d’Italia sui temi su cui Salvini invece semina zizzania.
Ma non le sfugge per niente che questo modo di fare di Salvini se da un lato indebolisce la Lega dall’altro cerca di offuscare l’immagine di affidabilità e di serietà che Meloni sta pazientemente costruendo per convincere l’elettorato esterno alla destra e per tranquillizzare l’Europa e i mercati. Un’operazione, quella di Salvini, senza logica e perfino autolesionista sia per la Lega sia per l’intera coalizione di centrodestra. Ma il leader leghista è fatto così: non ha una strategia precisa e come tattico è spesso vittima delle sue illusioni.
Non ha capito che affossando il Governo Draghi ha scontentato gran parte degli imprenditori soprattutto al Nord. Non ha capito che il populismo con cui arrivò al 34% tre anni fa ha oggi campioni più estremisti e scatenati di lui. Non ha capito scavare trappole sulla strada di Meloni impedisce la vittoria del centrodestra. Non ha capito che se vuole rassicurare i ceti moderati e fattivi del Nord deve evitare di fare sparate, di dire tutto e il contrario di tutto e deve invece fare proposte che diano certezze a chi produce ricchezza. Non ha capito che se vuol restare alla guida della Lega deve cambiare registro, deve smettere di fare l’arruffapopolo, deve rescindere i rapporti con la Russia e diventare più credibile e affidabile.