giovedì, 14 Novembre, 2024
Attualità

Congedo parentale vita e lavoro insieme

Parlare di conciliazione dei tempi di vita e lavoro significa parlare principalmente di donne, là dove nella maggior parte dei casi spetta a loro doversi organizzare tra orari entrata/uscita figli a scuola, orari
apertura/chiusura uffici pubblici e negozi. Spesso le donne si devono anche occupare della gestione familiare di anziani non autosufficienti di contrappasso con orari lavorativi spesso ingessati in schemi rigidi e poco conciliabili con tutto questo.

Sono infatti ancora poche le aziende italiane che prevedono all’interno della propria organizzazione un’ottica di genere in tal senso, prevedendo ad esempio orari flessibili in entrata/uscita, possibilità di part time per determinati periodi della vita lavorativa per esigenze temporanee, oppure il telelavoro che in Italia ha trovato poche applicazioni  a differenza di altri Paesi come da ultimo l’Olanda dove è stata approvata una Legge che a breve entrerà in vigore, secondo cui il datore di lavoro non potrà opporsi alla richiesta di lavorare da casa presentata da un dipendente, salvo legittimi impedimenti dovuti alla particolarità del tipo di lavoro.

Questo risultato è importante perchè tutti questi carichi di vita e di lavoro spesso creano stress e diminuzione talvolta della produttività lavorativa quando invece le donne sanno essere nella maggior parte dei casi molto più efficaci ed efficienti dei colleghi uomini  – come dimostrato in molti studi di settore fatti al riguardo – se messe nelle giuste condizioni di vita e lavoro.

Ecco perché risulta pienamente condivisibile il decreto pubblicato a fine giugno scorso  recante “Attuazione della direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio”.

Il documento  prevede disposizioni per migliorare la conciliazione tra attività lavorativa e vita privata per i genitori e i prestatori di assistenza, al fine di conseguire la condivisione delle responsabilità di cura tra uomini e donne e la parità di genere in ambito lavorativo e familiare. Salvo che sia diversamente specificato, le sue previsioni si applicano anche ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni.

Il provvedimento disciplina il congedo obbligatorio di paternità, che può essere fruito dai due mesi precedenti la data presunta del parto sino ai cinque mesi successivi, per un periodo di dieci giorni lavorativi, non frazionabili ad ore, da utilizzare anche in via non continuativa.

Sono estesi da 10 a 11 mesi, i termini per la durata complessiva del diritto al congedo parentale spettante al genitore solo, nell’ottica di una maggior tutela per i nuclei familiari monoparentali; da 6 a 9 mesi, il periodo di congedo parentale coperto da indennità nella misura del 30%, fermi restando i limiti massimi di congedo fruibili dai genitori; da 6 a 12 anni, l’età del bambino entro la quale i genitori, anche adottivi e affidatari, possono fruire del congedo parentale, indennizzato nei termini appena descritti; da 8 a 12 anni, l’età del bambino entro la quale i genitori possono fruire del congedo parentale indennizzato con un importo pari al 30% della retribuzione.

Nell’ambito delle modifiche alla legge n. 104/1992, il decreto inserisce un’apposita previsione che vieta atti discriminatori nei confronti di lavoratori che chiedono o usufruiscono dei benefici di cui alla legge n. 104/1992 ed al D.Lgs. n. 151/2001, come modificato dal presente provvedimento.

Con riferimento alle lavoratrici autonome, il decreto estende il trattamento economico per congedo parentale da un periodo massimo di sei mesi entro i primi tre anni di vita del bambino a tre mesi ciascuno
entro i primi dodici anni di vita del bambino ed aumenta il periodo massimo entro il quale i trattamenti economici per congedo parentale possono esse goduti complessivamente da entrambi i genitori da sei a
nove mesi. In modifica del D.Lgs. n. 81/2015 e della legge n. 53/2000, il provvedimento interviene con previsioni che sanzionano qualsiasi atto discriminatorio nei confronti di lavoratori che abbiano chiesto i
benefici assicurati da quelle disposizioni.

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