Dopo otto mesi di ostacoli amministrativi e di una meticolosa messa a punto, la nuova Open Arms 1 è pronta a lasciare il porto di Barcellona diretta verso le acque internazionali del Mediterraneo centrale per la sua prima missione umanitaria di ricerca e soccorso. Nei prossimi giorni raggiungerà la più grande fossa comune del pianeta, un tratto di mare in cui è già operativa la nostra barca a vela Astral, in missione di sorveglianza, assistenza e denuncia.
Nella stessa zona, quest’anno, più di 1.000 persone hanno già perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Europa, secondo i dati dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim) e solo nell’ultimo mese più di 15.000 persone sono state localizzate alla deriva, conseguenza delle politiche migratorie stabilite dall’UE, che preferisce guardare dall’altra parte e non agire di fronte a una tragedia umanitaria di proporzioni enormi.
“Le due navi di Open Arms – si legge in una nota – ci permetteranno di adempiere al nostro impegno: proteggere la vita delle persone in condizioni di vulnerabilità e rispettare l’obbligo di qualsiasi imbarcazione o persona che si trovi di fronte a vite in pericolo in mare: non lasciare alcuna vita alla deriva. Ciò è previsto dal diritto marittimo internazionale e dalle convenzioni internazionali.
La Open Arms Uno salpa consapevole che centinaia di persone rischiano quotidianamente la vita in mare fuggendo da guerre, persecuzioni e povertà perché non ci sono canali legali e sicuri per farlo, che ancora oggi non esistono meccanismi di soccorso governativi strutturati, che le navi umanitarie sono l’unica presenza in grado di proteggere la vita e i diritti in acque internazionali, e che l’attesa per l’assegnazione di un porto sicuro di sbarco è tutt’altro che accettabile per le situazioni di emergenza che affrontiamo in mare”.