“Chiediamo con forza il potenziamento delle risorse a disposizione del “Fondo di prevenzione dell’usura”. La sollecitazione arriva da una delle più autorevoli società italiane di studi di finanza ed economia, la Cgia di Mestre ed è il presidente Roberto Bottan a lanciare la richiesta a sostegno di imprese che altrimenti rischiano di finire nella spirale dell’usura con danni gravi per persone e aziende.
Consorzi, Coop e Fondazioni
Il tema è quindi quello di dare più risorse al “Fondo di prevenzione dell’usura”. Un aiuto introdotto nel 1996 e ha cominciato ad operare nel 1998. I fondi erogati sono stati contributi a Consorzi o Cooperative di garanzia collettiva fidi oppure a Fondazioni e Associazioni riconosciute per la prevenzione del fenomeno dell’usura.
Prevenzione anti usura
Diversi Enti possono contribuire alla prevenzione dell’usura garantendo le banche per finanziamenti a medio termine o linee di credito a breve termine a favore di piccole e medie imprese che già si sono viste rifiutare da una banca una domanda di intervento. “Questa misura”, spiega la Cgia, “consente agli operatori deboli finanziariamente di accedere a canali di finanziamento legali e dall’altro aiuta le vittime dell’usura che, non svolgendo un’attività di impresa, non hanno diritto ad alcun prestito da parte del “Fondo di solidarietà”.
I sistemi di garanzia
Il “Fondo di prevenzione” prevede due tipi di contribuzione. La prima è destinata ai Confidi a garanzia dei finanziamenti concessi dalle banche alle attività economiche. La seconda è riconosciuta alle fondazioni o alle associazioni contro l’usura che sono riconosciute dal Ministero dell’economia e finanze. Queste associazioni consentono alle persone in grave difficoltà economica (lavoratori dipendenti e pensionati) di accedere al credito in sicurezza.
Le cifre degli aiuti
Secondo gli ultimi dati disponibili, nei primi 22 anni di vita, l’importo medio di prestiti erogati da questo fondo è stato di circa 50 mila euro per le Pmi e 20 mila euro per cittadini e famiglie. “Lo stesso si alimenta”, spiega la Cgia, “in prevalenza con le sanzioni amministrative di antiriciclaggio e valutarie.
Garanzie per 2 miliardi
Dal 1998 al 2020, ai Confidi e alle Fondazioni lo Stato ha erogato a livello nazionale 670 milioni di euro. “Tali risorse hanno garantito finanziamenti per un importo complessivo pari a circa 2 miliardi di
euro”, rivela la società mestrina, “Nel 2020 ai due enti erogatori (Confidi e Fondazioni) sono stati assegnati complessivamente 32,7 milioni di euro: di cui 23 milioni ai primi e 9,7 milioni di euro ai
secondi”.
Crisi e fallimenti
Cifre importanti che, però, secondo l’Ufficio studi della Cgia andrebbero implementate: la crisi, purtroppo, ha spinto molte aziende sull’orlo del fallimento. “Attività che se non aiutate”, scrive ancora
la società di analisi socio economiche, “rischiano di scivolare nell’insolvenza o, nella peggiore delle ipotesi, nella rete tesa da coloro che vogliono impossessarsene con l’inganno, alimentando così
l’economia criminale”.
Il caso del Veneto e la Crif
L’Ufficio studi della Cgia evidenzia il caso Veneto, dove in provincia di Venezia sono quasi 1.500 le imprese che sono concretamente a rischio usura. “Si tratta prevalentemente di imprese artigiane,
esercenti/attività commerciali o piccoli imprenditori che sono “scivolati” nell’area dell’insolvenza e, conseguentemente”, osserva l’Ufficio studi, “sono stati segnalati dagli intermediari finanziari
alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia. Di fatto, questa“schedatura” preclude a queste attività di accedere a qualsiasi altro prestito”.
Aree della criticità
A livello regionale, la provincia dove la situazione è più critica si registra a Padova. “Al 31 marzo scorso le imprese segnalate erano 1.946.
Seguono Vicenza con 1.913, Verona con 1.747, Treviso con 1.665”, riepiloga l’Ufficio studi Cgia, “Venezia con 1.489, Rovigo con 562 e Belluno con 253. Rispetto allo stesso periodo del 2021, comunque, i dati sono in calo in tutte le nostre sette province. A Venezia la contrazione è stata pari a 333 unità”.
Iniziativa della Cgia
A sottolineare difficoltà e rischi è presidente della Cgia, Roberto Bottan. “Per gli imprenditori coinvolti è la morte civile” spiega Bottan: “Per i destinatari di questa misura è come se fossero stati condannati alla morte civile; Ricordo, infatti, che chi è schedato presso la Centrale dei Rischi praticamente non può più beneficiare di alcun altro aiuto economico dal sistema bancario, rischiando, molto più degli altri, di chiudere o, peggio ancora, di scivolare tra le braccia
degli usurai. Per evitare che questa criticità si diffonda, chiediamo con forza il potenziamento delle risorse a disposizione del “Fondo di prevenzione dell’usura”. Strumento, quest’ultimo, in grado di costituire l’unico valido aiuto a chi si trova in questa situazione di vulnerabilità” .
Black list della Banca d’Italia
Da ricordare che gli imprenditori che “finiscono” nella black list della Banca d’Italia non sempre lo devono a una cattiva gestione finanziaria della propria azienda. “Nella maggioranza dei casi, infatti, questa situazione si verifica a seguito dell’impossibilità da parte di molti piccoli imprenditori di riscuotere i pagamenti dei committenti o per essere “caduti” in un fallimento che ha coinvolto proprio questi ultimi.
È comunque doveroso segnalare che nell’ultimo anno il numero complessivo delle attività veneziane segnalate alla Centrale dei Rischi è sceso, come dicevamo più sopra, di 333 unità. Questo lo si deve, in particolar modo, all’attività di “prevenzione” innescata dalle significative misure pubbliche di garanzia e dalla moratoria dei debiti per le Pmi introdotte in Italia dal 2020 per contrastare la crisi
pandemica che ha aumentato notevolmente lo stock complessivo dei prestiti erogati alle attività produttive. Queste iniziative sono state più volte prorogate. Da ultimo, fino al prossimo 31 dicembre, data oltre la quale, il differimento potrebbe terminare definitivamente.
“Piccoli” e più a rischio
“Indirettamente”, conclude il presidente della Cgia, Roberto Bottan, “questi dati ci confermano quello che temevamo; le difficoltà economiche emerse in questi ultimi mesi stanno colpendo soprattutto i più piccoli e per le banche è meglio non rischiare nell’aiutare chi si trova in difficoltà”. “Una strategia che rischia di “spingere” involontariamente molti imprenditori verso le organizzazioni malavitose che, soprattutto nei momenti difficili, hanno invece la necessità di reinvestire i denari provenienti da attività criminali nell’economia lecita”.