A differenza di Salvini e Berlusconi, Giorgia Meloni ha deciso di fare una campagna elettorale senza promesse mirabolanti e con toni prudenti. Il motivo è semplice. Salvo imprevisti, il suo partito dovrebbe avere più voti degli altri due alleati e, in caso di vittoria del centrodestra, Meloni sarà la candidata naturale a Palazzo Chigi. Giusto che cominci a comportarsi con uno stile che si addice più al ruolo prossimo di capo del Governo che a quello precedente di forza di opposizione.
Ma uno stile autorevole, equilibrato e istituzionale potrebbe non bastare a Meloni per fugare le ombre che la sinistra agita contro di lei. Non senza contraddizioni. Il Pd non perde occasione per dire che la coalizione è sbilanciata a destra. Ma poi Letta deve ammettere che in politica estera meglio le scelte atlantiste di Meloni che le ambiguità di Salvini e Berlusconi. Non solo. Sulla politica fiscale Meloni non spara cifre mirabolanti come invece fanno Lega e Forza Italia e appare più realistica. E sulla politica dell’immigrazione la sinistra pensa che nulla sia peggio degli sconquassi provocati da Salvini quando era al Viminale. Il Pd dice che il problema del centrodestra è l’egemonia di Meloni ma poi deve ammettere che le proposte di Meloni sono migliori di quelle di Salvini e Berlusconi. Nei fatti, dunque la leader di Fratelli d’Italia è accreditata dai suoi stessi avversari di uno standing di interlocutore più credibile degli altri due alleati di centrodestra. Tutto liscio dunque? No, perché comunque Fratelli d’Italia si porta dietro l’immagine di un partito fortemente identitario di destra e non aperto all’apporto di altre sensibilità e culture politiche. Meloni avrebbe tutto da guadagnare -e non solo in termini elettorali- se aprisse il suo partito ad altre esperienze politiche che fanno parte della storia del nostro Paese.
Non si tratta di snaturare la sua creatura ma di arricchirla di stimoli e sensibilità che oggi sono disperse nello scenario politico italiano e che potrebbero ampliare gli orizzonti di Fratelli d’Italia soprattutto ora che si prepara ad essere forza leader del Governo del Paese. C’è un’area del popolarismo di matrice cristiana che, dopo la fine della Dc, è rimasto a gravitare nell’orbita del centrodestra e che oggi non trova adeguata espressione politica e rischia di non esprimersi a livello elettorale e politico. Meloni potrebbe provare ad immettere nel circuito del suo partito quest’area facendo leva su personalità riconosciute e stimate del popolarismo cristiano che sarebbe la gamba moderata di Fratelli d’Italia. E’ un tema su cui si potrebbe avviare una riflessione