Il lavoro c’è ma non ci sono i lavoratori. È il paradosso che è passato inosservato in questi giorni di ferie, di afa e di preoccupazioni nazionali e internazionali. Eppure quello dell’occupazione è uno dei temi sociali più sensibili per la stabilità e il futuro del Paese. I recenti dati del Bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal (Agenzia nazionale politiche attive del lavoro) meritano un approfondimento e qualche riflessione. Illustrano bene come le politiche di assistenzialismo con i troppi bonus elargiti a pioggia hanno messo in ginocchio quelle attive del lavoro. Così chi lavora non è abbastanza remunerato e subisce l’insicurezza degli eventi, e chi se ne sta sul divano ha più privilegi ad iniziare dalla sua inattività.
I dati sconcertanti
Il primi numeri evidenziano che nel settore manifatturiero il 55,6% dei profili professionali ricercati sono di difficile reperimento, seguono le industrie del legno e del mobile (53,7%), le imprese delle costruzioni (52,7%), le imprese dei servizi informatici e delle telecomunicazioni (48,9%) ed infine le industrie meccaniche ed elettroniche (47,9%). Parliamo di numeri a doppia cifra che dimostrano come il Paese vuole crescere ma non ha braccia e menti a sufficienza. Solo ad agosto, 285mila i lavoratori ricercati dalle imprese
e circa 1,3 milioni per l’intero trimestre agosto-ottobre. Il Bollettino e i dati Excelsior sottolinea i problemi.
“Cresce ancora la difficoltà di reperimento che riguarda il 41,6% delle assunzioni programmate, in aumento di quasi 9 punti percentuali rispetto ad agosto 2021 quando il mismatch tra domanda e offerta di lavoro riguardava il 32,7% dei profili ricercati”. Per “mismatch” (nel mercato del lavoro è quella condizione di disequilibrio tra domanda e offerta) è davvero preoccupante. L’industria, ad esempio, nel suo complesso è alla ricerca di 81mila profili professionali si evidenzia nel rapporto, – in crescita dell’11,3% rispetto a un anno fa – di cui 55mila da impiegare nel manifatturiero e 26mila nelle costruzioni. Ma le maestranze non ci sono.
Un allarmante disequilibro
Questo il quadro ufficiale del lavoro, della carenza di manodopera, che, attenzione non riguarda solo settore dove si ritiene che ci sia un maggiore sforzo fisico, ma il disequilibro tra domanda e offerta di registra in tutti i contesti, come Il macro-settore dei servizi che ha programmato 204mila ingressi, ma la metà delle richieste rimarrà lettera morta.
Le motivazioni del diniego
Un altro aspetto su cui riflettere sono le motivazioni di queste rinunce al lavoro. Le imprese osservano che c’è una cronica “mancanza di candidati”, e sottolinea la nota dell’Unioncamere, tra le difficoltà anche la “preparazione non adeguata dei candidati”. Siamo di fronte ad una realtà che preoccupa tutti.
Le imprese così come i sindacati. I motivi pur distanti ad un certo punto convergono perché l’idea di fondo è quella di stimolare l’occupazione dando più soddisfazione ai lavoratori.
Stop RdC premiare il lavoro
Noi da tempo proponiamo salari più alti, riducendo il cuneo fiscale, così come ribadiamo che il lavoro precario deve essere debellato per creare quello stabile, remunerato e che abbia tutele e garanzie non solo salariali ma anche di sicurezza. Per farlo servono risorse. Il Paese nel seguire chimere ideologiche ha investito troppo sull’assistenzialismo e poco su chi vuole lavorare e avere soddisfazioni economiche. Aver concesso il Reddito di cittadinanza a 3.5 milioni di persone di cui solo in 152 mila hanno poi detto (ma per lo più non l’hanno fatto) di voler dedicare a una occupazione è stato un errore colossale. Si sono buttati via in tre anni oltre 20 miliardi per non creare lavoro ma assistenza. Sappiano che ci sono famiglie e persone da aiutare e siamo d’accordo, è una richiesta è un impegno sacrosanto verso chi è in difficoltà. Nel contempo è profondamente ingiusto penalizzare chi lavora. Chi vuole impegnarsi. Soprattutto i giovani che vogliono formarsi e perseguire un percorso di vita e di crescita. Il prossimo Governo faccia attenzione, dia risorse per il lavoro stabile, sulla crescita dei salari, sugli aiuti che devono essere produttivi. Di errori ne sono stati fatti abbastanza e ne stiamo pagando le conseguenze. Le risorse non ci saranno più per lasciare le persone sul divano mentre altre sono costrette a spaccarsi la schiena.