L’Italia soffre di una diffusione ancora limitata della tecnologia 5G, che può offrire un grande contributo alla sostenibilità. Se la tecnologia 4G ha bisogno di trasmettere dati ogni 0,2 millisecondi, il 5G, oltre a consentire la trasmissione di quantità decisamente superiori di dati, porta a 20 millisecondi tale necessità, garantendo una riduzione dei consumi del 70%. È quanto emerge dallo studio “Le transizioni gemelle: digitale e sostenibilità alleati per cambiare l’Italia”, realizzato da I-Com e Join Group.
Nonostante le difficoltà rilevate, frutto della complessità delle procedure autorizzative, che ancora mostrano preoccupanti criticità nonostante gli interventi di semplificazione attuati, e dell’ostruzionismo ingiustificatamente diffuso tra amministrazioni locali, cittadini e organizzazioni ambientaliste, le intenzioni di investimento degli operatori sono confortanti. Si calcola, infatti, che al 2026, anche senza la necessità di intervento pubblico, il segnale 5G coprirebbe circa il 95 per cento del territorio nazionale. In ogni caso, il prossimo lustro appare decisivo al fine di consentire la piena connettività 5G del Paese, con chiari benefici per cittadini e imprese in termini di servizi fruiti.
Gli investimenti del PNRR e le previsioni della nuova Strategia italiana per la Banda Ultralarga rappresentano senz’altro una grande opportunità in questa direzione. Sebbene la copertura non standalone abbia raggiunto oltre il 90 per cento della popolazione, i dati relativi alla copertura 5G standalone pubblicati in seguito al monitoraggio Infratel (aggiornati a maggio 2021) indicano una diffusione ancora limitata, con una copertura del 7,3 per cento del territorio nazionale.
Il segnale 5G standalone copre più del 10 per cento del territorio solo in quattro regioni (Emilia-Romagna, Lazio, Veneto e Puglia), mentre non raggiunge l’1 per cento di copertura in Basilicata e nella Provincia Autonoma di Trento. Questo quadro mette in luce l’importanza di intervenire per estenderne massicciamente la diffusione, sia favorendo gli investimenti da parte di operatori privati del settore, sia grazie a fondi nazionali e comunitari per le aree cosiddette a fallimento di mercato.