Manca un mese al deposito delle liste dei candidati e già si profilano due orientamenti opposti negli schieramenti. Una tendenza allo sparpagliamento nel centrosinistra e una tendenza all’aggregazione nel centrodestra.
Stavolta non sono né la Lega né Forza Italia ad avere il primato in quest’area. Il perno della coalizione è costituito da Fratelli d’Italia che chiede regole chiare A sinistra si restringe il campo largo di Letta con il no a Conte e a Renzi. Calenda per ora balla da solo e apre le porte a chi esce da Forza Italia. Conte spera che LeU gli dia una mano per non restare completamente isolato. Di Maio punta a un’area di unità nazionale. E poi c’è la galassia di centro divisa tra chi guarda a destra e chi guarda a sinistra. Le grandi manovre sono iniziate.
Il partito di Giorgia Meloni è di gran lunga il preferito dagli elettori di centrodestra che nelle intenzioni di voto gli conferiscono oltre il 22% , rispetto al 15% di Salvini e al quasi 8% di Berlusconi. Se il centrodestra vuol vincere le prossime elezioni deve valorizzare al massimo il consenso che Meloni è riuscita a conquistarsi in 4 anni e mezzo di opposizione ed evitare che gelosie, personalismi e vecchie ruggini impediscano un accordo dal quale hanno da guadagnare tutti e tre i partiti.
Nei tre governi della legislatura i partiti di centrodestra hanno fatto scelte disomogenee. Nel primo governo Conte la Lega era alleata dei 5S mentre Forza Italia e Meloni erano all’opposizione. Nel secondo governo Conte erano tutti e tre all’opposizione ma nel governo Draghi, Berlusconi e Salvini erano in maggiorana e FdI all’opposizione. Tutto questo non è stato senza conseguenze nei rapporti fra i tre partiti e soprattutto tra la Lega e FdI.
Berlusconi sembra volersi accreditare come facilitatore del dialogo tra Meloni e Salvini, La prossima settima ci sarà il primo vertice formale del centrodestra. Si capirà se ci sarà un’indicazione per il candidato premier della coalizione.
Nel centrosinistra c’è un notevole affollamento di sigle e tira la solita aria di frazionamento e divisione. Letta sembra aver definitivamente rotto con Conte, ma non vuole neanche fare patti con Renzi che difficilmente farà accordi con Calenda. Il leader di Azione vuole evitare “ammucchiate antisovraniste”, chiede accordi su programmi e intanto apre le porta a chi è uscito da Forza Italia, Il primo ad entrare è Andrea Cangini che aveva votato la fiducia a Draghi in dissenso dal partito. LeU sembra ancora agganciato al Pd ma non si capisce tenterà di riagganciare Conte che per ora sembra isolato e in cerca di un alleato come dice lui “progressista”. Anche Di Maio cerca una collocazione nuova che sembra collocarsi in un’area moderata aperta alla sinistra. C’è poi una vasta galassia di centro, divisa tra chi punta a destra e chi guarda a sinistra.
Le manovre sono iniziate. La legge elettorale obbliga ad accordi di coalizione per conquistare i 148 seggi alla Camera e i 74 al Senato. E presto capiremo davvero quali saranno le alleanze.