Una delle materie scolastiche più “discriminanti” tra coloro che la amano e coloro che la odiano è la matematica. È una disciplina che per alcuni è una vera passione per altri un’autentica tortura. Eppure della matematica non si può fare a meno, tanto più in un’era digitale che ha proprio nell’uso di una “mentalità” matematica la sua sua base di funzionamento.
Di tutto questo non sembra siano consapevoli i responsabili dell’istruzione pubblica che non si pongono il problema dell’insegnamento efficace di questa materia.
Beninteso, la matematica che si insegna oggi è ben diversa da quella che ci veniva proposta negli anni 60 e 70. Ma poco o nulla è cambiato nel metodo che viene usato per renderla interessante, piacevole e perfino divertente.
L’insegnante di matematica dovrebbe seguire un percorso specifico di preparazione alla didattica di questa disciplina e sostenere un esame finale per verificare non solo se conosca la materia (cosa ovvia) ma se sia in grado di renderla attraente per gli studenti.
Non basta conoscere teoremi ed equazioni. Ciò che è importante è far capire che ciò che si insegna non è un’astrusa sequenza di cose che sembrano inutili o che sono utili solo agli addetti ai lavori, ma un modo di guardare alla realtà, di spiegarla, raccontarla e dominarla.
Rendere divertente la matematica è una grande sfida didattica che i docenti dovrebbero essere in grado di superare. Perché? Perchè chiunque studi ha bisogno di acquisire non solo gli strumenti tecnici e i contenuti di qualsiasi disciplina ma soprattutto la forma mentis collegata ad ogni materia. La forma mentis matematica non è un lusso riservato a pochi ma deve essere una componente della formazione generale che ogni studente dovrebbe acquisire e saper utilizzare. Essa deve abituare non a memorizzare formule e teoremi ma a capire come affrontare problemi concreti e a individuare la soluzione.
Ma se l’insegnamento della matematica diventa noioso, mnemonico, astratto e perfino odioso…, negli studenti non particolarmente portati verso questa disciplina si ingenererà un rifiuto della materia con conseguente fatica nell’apprendimento e con l’impoverimento della loro formazione che sarà privata degli apporti positivi della forma mentis matematica.
Peraltro, un modo astratto e sbagliato di insegnare questa disciplina priva molti studenti della possibilità di comprendere il meccanismo profondo di funzionamento di gran parte della realtà digitale in cui siamo e saremo sempre più immersi e creerà un “math divide” tra coloro che amando la matematica saranno avvantaggiati nel posizionamento sul mercato del lavoro e coloro che non avendo una naturale propensione per questa materia saranno inevitabilmente tagliati fuori o fortemente penalizzati.
L’insegnamento della matematica dovrebbe essere riservato solo ai docenti capaci di farla amare, di farne comprendere l’utilità nella vita quotidiana, di accendere la curiosità e l’entusiasmo negli studenti. Ci saranno sempre ragazzi ai quali viene “naturale” appassionarsi alla matematica; ma la vera sfida è creare interesse e piacere per questa materia per tutti gli studenti
Tullio De Mauro affermava che «l’alfabetizzazione di base, l’alfabetizzazione numerica e matematico-scientifica, le competenze di problem solving, le abilità informatiche, rappresentano elementi cruciali per vivere e lavorare nelle società moderne, caratterizzate da un crescente sviluppo delle tecnologie informatiche e della comunicazione, e al contempo diventano la chiave di accesso al mondo del lavoro e all’inclusione sociale».