La spirale dell’usura non conosce sosta e dilaga. Per gli imprenditori coinvolti è la “morte civile” mentre il numero delle imprese italiane nei guai ha toccato quota 146 mila. Con un numero di addetti che supera le 500 mila persone che rischiano il lavoro e i loro beni. A sottolineare le difficoltà e l’ampiezza della fenomeno è l’Ufficio studi della società Cgia di Mestre.
Chi ne resta impigliato
Si tratta prevalentemente di imprese artigiane, esercenti o attività commerciali, piccoli imprenditori che sono “scivolati” nell’area dell’insolvenza e, conseguentemente, sono stati segnalati dagli intermediari finanziari alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia. Di fatto, questa “schedatura” preclude a queste attività di accedere a un nuovo prestito. Quindi si finisce nella zona oscura della necessità e di tutto ciò che poi ne consegue.
Crif e la morte civile
I destinatari di questa “schedatura” è come se fossero stati condannati alla “morte civile”; un istituto giuridico diffuso in Europa fino al XIX secolo che al condannato comportava la perdita di tutti i diritti civili e il conseguente allontanamento dalla società. “Ricordiamo, infatti, che chi è schedato presso la Centrale dei Rischi”, sottolinea la Cgia, “difficilmente può beneficiare di alcun aiuto economico dal sistema bancario, rischiando, molto più degli altri, di chiudere o, peggio ancora, di scivolare tra le braccia degli usurai”.
Il fondo di aiuto
Per evitare che questa criticità si diffonda, la Cgia continua a chiedere con forza il potenziamento delle risorse a disposizione del “Fondo di prevenzione dell’usura”. “Strumento, quest’ultimo, in grado di costituire l’unico valido aiuto a chi si trova in questa situazione di vulnerabilità”, osserva il Centro studi, “È bene ricordare che gli imprenditori che finiscono in questa black list della Banca d’Italia non sempre lo devono a una cattiva gestione finanziaria della propria azienda. Nella maggioranza dei casi, infatti, questa situazione si verifica a seguito dell’impossibilità da parte di molti piccoli imprenditori di riscuotere i pagamenti dei committenti o per essere “caduti” in un fallimento che ha coinvolto proprio questi ultimi”.
Segnali di prevenzione
È comunque doveroso segnalare, fa presente la società mestrina, che nell’ultimo anno il numero complessivo delle attività segnalate alla Centrale dei Rischi è sceso di oltre 30 mila unità. “Questo lo si deve, in particolar modo, all’attività di “prevenzione” innescata dalle significative misure pubbliche di garanzia e dalla moratoria dei debiti per le Pmi introdotte in Italia dal 2020 per contrastare la crisi pandemica che ha aumentato notevolmente lo stock complessivo dei prestiti erogati alle attività produttive. Queste iniziative sono state più volte prorogate”, ricorda il Centro studi, “Da ultimo, fino al prossimo 31 dicembre, data oltre la quale, il differimento potrebbe terminare definitivamente”.
C’è chi può garantire
Il fondo è stato introdotto con la legge n° 108/1996 e ha cominciato ad operare nel 1998. Questo fondo è stato introdotto per l’erogazione di contributi a Consorzi o Cooperative di garanzia collettiva fidi oppure a Fondazioni e Associazioni riconosciute per la prevenzione del fenomeno dell’usura. “Tutti i predetti enti possono contribuire alla prevenzione del fenomeno dell’usura garantendo le banche per finanziamenti a medio termine”, spiega la Cgia, “o linee di credito a breve termine a favore di piccole e medie imprese che già si sono viste rifiutare da una banca una domanda di intervento”.
“Questa misura”, evidenzia il Centro studi, “consente agli operatori deboli finanziariamente di accedere a canali di finanziamento legali e dall’altro aiuta le vittime dell’usura che, non svolgendo un’attività di impresa, non hanno diritto ad alcun prestito da parte del Fondo di solidarietà”.
Cofidi e prestiti possibili
Gli aiuti prevedono due tipi di contribuzione. “Il primo è destinata ai Confidi a garanzia dei finanziamenti concessi dalle banche alle attività economiche”, evidenzia ancora la Cgia, “La seconda è riconosciuta alle fondazioni o alle associazioni contro l’usura che sono riconosciute dal Ministero dell’economia e finanze. Queste associazioni consentono alle persone in grave difficoltà economica (lavoratori dipendenti e pensionati) di accedere al credito in sicurezza”. Secondo gli ultimi dati disponibili, nei primi 22 anni di vita, l’importo medio di prestiti erogati da questo fondo è stato di circa 50 mila euro per le Pmi e 20 mila euro per cittadini e famiglie.
Cifre che non bastano
Lo stesso si alimenta in prevalenza con le sanzioni amministrative di antiriciclaggio e valutarie. Dal 1998 al 2020, ai Confidi e alle Fondazioni lo Stato ha erogato 670 milioni di euro; tali risorse hanno garantito finanziamenti per un importo complessivo pari a circa 2 miliardi di euro. Nel 2020 ai due enti erogatori (Confidi e Fondazioni) sono stati assegnati complessivamente 32,7 milioni di euro: di cui 23 milioni ai primi e 9,7 milioni di euro ai secondi.
Scivolare nell’insolvenza
Cifre importanti che, però, secondo l’Ufficio studi della Cgia andrebbero implementate: la crisi, purtroppo, ha spinto molte aziende sull’orlo del fallimento. “Attività che se non aiutate rischiano di scivolare nell’insolvenza o, nella peggiore delle ipotesi”, fa presente il Centro studi, “nella rete tesa da coloro che vogliono impossessarsene con l’inganno, alimentando così l’economia criminale”.
Prestiti in frenata
L’aumento dei prestiti alle piccole imprese si è esaurito Come riportato dalla Banca d’Italia, dopo la forte espansione verificatasi nel 2020 (+7,4 per cento), l’anno scorso la crescita dei prestiti totali erogati dalle banche e dalle società finanziarie alle imprese ha subito una decisa frenata (+1,7 per cento) che è proseguita anche a marzo di quest’anno (+1,4 per cento rispetto stesso mese del 2021). “Questa decelerazione è ascrivibile al fatto che la domanda ha subito una forte contrazione; infatti, dopo il forte aumento verificatosi nel 2020, grazie alle misure anti crisi messe in campo dall’allora Governo Conte”, ricorda il Centro studi, “successivamente la richiesta di credito da parte degli imprenditori è scemata. Va altresì segnalato che, a marzo 2022 su marzo 2021, la variazione degli impieghi erogati alle aziende con meno di 20 addetti4 è stata negativa (-0,4 per cento)”.
Dalle banche minore impegno
I ricercatori di via Nazionale sostengono che questo risultato sia riconducibile alla “minore propensione delle banche a finanziare società più opache e relativamente più vulnerabili”. “Indirettamente, ci confermano quello che temevamo”, conclude con preoccupazione la Cgia, “le difficoltà economiche emerse in questi ultimi sei mesi stanno colpendo i più piccoli e per le banche è meglio non rischiare nell’aiutare chi si trova in difficoltà. Una strategia che rischia di “spingere” involontariamente molti imprenditori verso le organizzazioni malavitose che, soprattutto nei momenti difficili, hanno invece la necessità di reinvestire i denari provenienti da attività criminali nell’economia lecita”.