Noi crediamo che sia prematuro parlare di big bang, che registri l’esplosione e la dissoluzione del movimento 5 Stelle, ma certamente ci sono tutti i segnali premonitori di una fase di disfacimento.
Si è ormai logorato il rapporto fiduciario, quasi fideistico, fra militanti e capi: lo testimonia l’esito della consultazione sulla rete dove sono emersi due segnali molto significativi: la progressiva disaffezione dei militanti alle consultazioni telematiche e il rifiuto di accettare il disimpegno dalle prossime elezioni regionali (Emilia e Calabria) ipotizzate dal gruppo dirigente.
I fenomeni sismici che scuotono i M5S hanno anche altre motivazioni, e tutte chiamano in causa la credibilità del capo politico, Di Maio: dal comportamento dall’ex ministra della difesa alle riserve sul meccanismo europeo di stabilità, già accettato dal governo precedente, alla ricorrente schizofrenia, sia sull’adozione dello scudo penale per aziende che possano trovarsi nelle stesse problematiche del siderurgico di Taranto, sia sulla sorte di Alitalia, dove pesa l’irritazione dei Benetton ai ricorrenti annunci di revoca delle concessioni autostradali .
Né sembra alla lunga accettabile che ci sia un ministro degli esteri che diserta importanti appuntamenti per la priorità da dare ai suoi compiti di responsabile del movimento.
La prima vittima di quanto accade nel M5S rischia di essere la dirigenza del Pd che aveva puntato decisamente su un’alleanza strategica con il movimento. Un imprudenza che rischia di pagare caro.