mercoledì, 18 Dicembre, 2024
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Violenza e razzismo nemici dello sport

La violenza e il razzismo sono nemici dello sport. Da qualche tempo Elena Proietti – fisico da modella, laurea più master e sorriso che incanta – è assessore allo sport ed alle pari opportunità del Comune di Terni.

Ma prima di approdare alla politica ha indossato la divisa da arbitro di calcio, dimostrando ottime capacità di giudizio e grande determinazione.

Gli esperti dicono che sarebbe arrivata molto lontano se non fosse per un episodio che ha cambiato per sempre la sua vita: un’aggressione in campo che l’ha resa invalida. Era il 2014…

Elena Proietti, assessore allo sport ed alle pari opportunità del Comune di Terni

A Pordenone l’allenatore di una squadra di calcio della categoria Esordienti è stato sanzionato con il Daspo per un anno per aver pronunciato frasi di discriminazione territoriale nei confronti dell’arbitro. Come giudica questo episodio?
“Ritengo che la decisione, per quanto dura, sia più che giusta. Il razzismo, come la violenza, non può assolutamente entrare nel mondo dello sport. Si tratta di episodi gravissimi da stigmatizzare senza la benché minima esitazione. Purtroppo l’unico deterrente è rappresentato dalle sanzioni…”.

Cosa pensa, invece, dei cori razzisti durante le gare dei campionati professionistici?
“Quello che accade nelle categorie inferiori e nei tornei giovanili è la conseguenza del pessimo esempio che viene da lì, amplificato da tv e internet. Sono, tuttavia, del parere che penalizzare le società per il comportamento di pochi facinorosi rispetto alla maggioranza dei tifosi che si comportano correttamente sia un errore. Occorre individuare delle strategie che vadano a colpire solo chi si rende responsabile di simili azioni, evitando, nel contempo, che le organizzazioni sportive siano tenute sotto scacco”.

Lei è stata un arbitro di calcio molto promettente, salvo poi interrompere la carriera in conseguenza delle gravi lesioni personali subite durante una gara. Si è mai pentita di aver intrapreso quel tipo di carriera?
“Non mi sono mai pentita di aver fatto questa scelta e mai lo farò, nonostante quello che mi è capitato. Chi ama il calcio non può che ammirare i ragazzi e le ragazze che il sabato e la domenica vanno sui campi di periferia ad arbitrare le partite dei campionati minori. Purtroppo la mia battaglia dopo l’aggressione non è stata compresa dai vertici dell’Associazione Italiana Arbitri”.

In che senso?
“Mi sono esposta mediaticamente per far sì che episodi come quello di cui, mio malgrado, sono stata protagonista, non abbiano più a verificarsi. Volevo sensibilizzare l’ambiente, ma l’Aia ha pensato bene di ritirarmi la tessera ”.

Ha mai preso in considerazione l’eventualità di impugnare la decisione?
“Nessuno ha voglia di restare in un ambiente in cui non è gradito. Ciò detto, non posso negare di essere combattuta. Mi è stata irrogata la sanzione più dura, quella prevista nei confronti degli arbitri che si lasciano corrompere o di quelli che arrecano disdoro alla categoria. Il mio è un caso completamente diverso; quello, cioè, di un ufficiale di gara donna che diventa invalida dopo aver ricevuto un pugno nel corso di una gara…”.

Consiglierebbe ad una persona cara, appassionata di calcio, di cimentarsi come direttore di gara?
“Solo se le cose dovessero cambiare…”.

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