Oggi Conte gioca la partita decisiva della sua vita politica. Non può sbagliare.
Se va da Draghi con l’intento di forzare il gioco o rompe e si va al voto col M5s non più alleato del Pd, oppure torna a casa con le pive nel sacco, senza aver ottenuto nulla e la sua carriera di leader finisce qui.
I rapporti di forza lo vedono molto svantaggiato. Non è interesse di Draghi umiliare Conte. Ma se davvero le sue richieste riguardano la difesa ad oltranza del Reddito di cittadinanza, il no al termovalorizzatore di Roma e il ripristino sine die del bonus 110%, può pure risparmiarsi la fatica. Se invece Conte mette da parte i risentimenti personali e i massimalismi può uscirne a testa alta.
È lui che deve proporre a Draghi di correggere gli errori del Rdc senza eliminarlo. Tocca a lui non ostacolare la chiusura del bonus 110% garantendo a chi finora si è impegnato in questa avventura di non fallire. Conte deve esigere che il termovalorizzatore di Roma sia il modello migliore al mondo quanto a compatibilità ambientale e battersi per un forte impulso alla transizione ecologica nell’energia.
Draghi è più forte che mai. Blindato da Mattarella, corroborato da Di Maio che gli ha portato mezzo M5S, con Salvini che batte in ritirata e un grande successo internazionale, il presidente del Consiglio ha al suo attivo anche un’intesa speciale con Grillo. Draghi il bel gesto lo ha fatto: senza i 5Stelle questo Governo non va avanti- ha detto-. Nulla di più e nulla di meno.
Ora tocca a Conte fare la contromossa
A differenza di Draghi, Conte non è mai stato così debole. Il M5S scende nei sondaggi e rischia di finire sotto la soglia psicologica del 10%. Ha subito una devastante scissione. Ha preso uno schiaffone alle elezioni amministrative. I pettegolezzi fatti circolare sulle telefonate Draghi-Grillo sul conto dell’ avvocato sono stati un boomerang che ha provocato un doloroso bernoccolo all’immagine di Conte. Grillo non lo ha difeso. E poi si sono aggiunti gli amici del Pd a sbarrargli la strada dell’uscita dal Governo o dalla maggioranza. Letta ha dichiarato che non sosterrà nessun altro governo. Se rompi col governo – ha aggiunto Franceschini-alle elezioni non saremo più alleati.
Peggio di così non poteva andare a Conte che va da Draghi isolato politicamente e senza armi di attacco. Non è interesse di Draghi umiliare Conte. Ma Conte non deve mettersi nelle condizioni di subire un clamoroso smacco.
Se davvero le sue richieste riguardano la difesa ad oltranza del Reddito di cittadinanza, il no al termovalorizzatore di Roma e il ripristino sine die del bonus 110%, Conte può pure risparmiarsi la fatica.
Si tratta di battaglie identitarie e di retroguardia, massimalistiche, nel vecchio stile populistico e demagogico del 2018, destinate al fallimento come le altre: No Tap, NoTav, No Ilva e via di questo passo
Se invece Conte mette da parte i risentimenti personali e i massimalismi può uscirne a testa alta. È lui che deve proporre a Draghi di correggere gli errori del Rdc senza senza eliminarlo. Tocca a lui non ostacolare la chiusura del bonus 110% garantendo a chi finora si è impegnato in questa avventura di non fallire. E infine Conte deve esigere che il termovalorizzatore di Roma sia il modello migliore al mondo quanto a compatibilità ambientale. Questa non sarebbe una resa ma una dimostrazione di concretezza e di forza che spiazzerebbe gli avversari di Conte e darebbe all’avvocato una caratura politica di qualità.
Conte deve giocarsi la carta non del guastatore ma di chi vuole essere il paladino di scelte coraggiose ed equilibrate. Potrebbe chiedere maggiori investimenti sulla transizione ecologica nel campo dell’energia, un’accelerazione bruciante per le rinnovabili proprio per fronteggiare la crisi del gas. Si presenti con una serie di SI e senza gli abituali NO. Gli conviene.