domenica, 7 Luglio, 2024
Sanità

Forum società scientifiche: allarme operatori sanitari. Troppo pochi

Gli operatori sanitari sono inadeguati in rapporto alla popolazione del nostro Paese. I medici specialisti ospedalieri sono circa 130mila, 60mila unità in meno della Germania e 43mila in meno della Francia. In Italia, come evidenziato in un recente articolo pubblicato su “The Lancet”, si assiste a un consistente esodo di medici neolaureati e specializzandi, perché all’estero gli stipendi e le condizioni di lavoro sono nettamente migliori. A lanciare l’allarme è il “Forum delle Società Scientifiche dei Clinici Ospedalieri e Universitari Italiani” (FoSSC).   “La nuova articolazione delle cure territoriali delineata dal DM 71, pur altamente auspicabile, presenta un assetto ed un modello corrispondente ad una filosofia comunitaria anzi addirittura di popolazione (50.000/100.000 cittadini utenti) che appiattisce la diversità e la complessità della moderna domanda di salute e sembra completamente slegata dall’ambito ospedaliero con il quale invece dovrebbe strutturalmente collaborare”, spiegano le 30 Società Scientifiche riunite nel Forum.   “La sensazione, anzi la convinzione confermata dai fatti, è che si voglia investire sulle strutture più che sulle persone. In realtà il sistema è vicino al collasso. Non basta la costruzione di nuovi edifici, come le Case di Comunità, che non rispondono affatto all’idea di prossimità delle cure e rischiano di restare cattedrali nel deserto senza alcun collegamento con l’ospedale. La prossimità non è un semplice criterio geografico. Il DM 71 inoltre delinea una controriforma, perché riduce al minimo la funzione del medico di famiglia, che cessa di essere uno dei pilastri del sistema e viene minato nella sua efficienza ed operatività nelle cure primarie. Inoltre, attribuisce, almeno in parte, le cure primarie alle cosiddette Case di Comunità, cioè a strutture poliambulatoriali che di fatto rappresentano un diverso setting assistenziale principalmente dedicato all’assistenza di pazienti cronici stabilizzati ma anche eventualmente ad altre molteplici attività”.   “E preoccupano iniziative come quella della Regione Lombardia, che ha annunciato di avviare una sperimentazione per favorire la supplenza ‘organizzativa’ degli infermieri nei confronti dei medici di medicina generale – affermano le Società Scientifiche -. Si tratta di una risposta confusa, sbagliata e quasi disperata al problema della grave carenza di personale. Rivolgiamo un appello al legislatore perché consideri contestualmente la riforma dell’assistenza territoriale e di quella ospedaliera”.   “Oltretutto non si ottiene l’auspicata diminuzione degli accessi a bassa priorità nei Pronto Soccorso solo con il potenziamento del territorio, su cui vanno ridistribuite le istanze cliniche meno acute – sottolineano le Società Scientifiche -. Serve un cambiamento culturale. Ciò che è territoriale deve essere considerato pre e post-ospedaliero, in una visione integrata delle due realtà. Resta infatti il problema delle acuzie, comprese quelle ricorrenti nel paziente cronico: questo tipo di assistenza richiede competenze e tecnologie che non rientrano nelle Case di Comunità. Con l’esclusione di una minima parte di casi e per evitare incidenti potenzialmente gravissimi, la sede della valutazione di questi pazienti resta l’Ospedale, in particolare il Pronto Soccorso”.   La pandemia ha evidenziato una doppia criticità: l’assenza del territorio e l’insufficienza dell’ospedale. E quest’ultima non corrisponde alle mancanze del territorio, perché contiene un’enorme quota di bisogni clinici, tecnologici e di competenze specifiche, che stanno diminuendo sempre di più nei nosocomi. “Il parametro dei posti letto non deve più essere considerato statico, ma dinamico in relazione alle necessità – spiegano le Società Scientifiche -. I posti letto dovranno essere assegnati alle singole discipline mediche e chirurgiche e calcolati sulla base dei dati di prevalenza delle varie patologie. Serve anche un investimento nelle discipline mediche. Chiediamo una crescita numerica consistente dei medici specialisti ospedalieri, tale da raggiungere gli standard di altri Paesi europei occidentali, ed un aumento della stessa entità del personale infermieristico”.   “Il sistema complessivo dovrà configurare una sorta di logica dipartimentale con l’idea del vero e proprio ospedale (generale o specialistico classicamente inteso), che si estende funzionalmente anche alle realtà sanitarie territoriali. Ci rendiamo conto che rivedere il DM 70, come da nostre proposte, implichi una crescita di spesa per il fondo sanitario. È infatti impossibile ripensare i nosocomi, accrescerne la funzionalità e incrementare il loro grado di adeguatezza con il bisogno di cura della popolazione a invarianza di costo. Se si entra nella logica della ri-spedalizzazione, è necessario passare dal risparmio all’investimento. Rivendichiamo un ragionevole rifinanziamento della spesa ospedaliera, ma nello stesso tempo ci rendiamo disponibili a ricercare con le Istituzioni un accordo di sostenibilità per eliminare diseconomie, superare disorganizzazioni, ridurre gli sprechi tuttora largamente esistenti a livello locale, in una parola per trovare soluzioni che consentano, a seguito di una crescita della spesa, di garantire un valore aggiunto”.

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