giovedì, 14 Novembre, 2024
Politica

Il travaglio di Conte non fa bene al M5S. C’è chi matura e chi regredisce

Le parti si sono invertite. Di Maio è diventato responsabile e moderato. Conte insegue  i modelli del M5s della prima ora. Fa l’arruffapopolo lui che aveva costruito la sua credibilità con un profilo da persona equilibrata. Tornare indietro non si può. Se Conte e i suoi fedelissimi vorranno mettere di Maio fuori gioco saranno loro a finire fuori del campo riformista di Letta e ad essere risucchiati nel gorgo salviniano.

 

Giuseppe Conte vive un profondo disagio che la stampa a sua favore accentua e non risolve. Da quando non è più a Palazzo Chigi e ha in mano il timone dei 5 Stelle, l’avvocato ha comportamenti contraddittori. Da un lato rimane agganciato al Governo del suo successore e all’idea di Letta di un campo riformista, dall’altro simpatizza con alcune posizioni di Salvini, e rinverdisce la tradizione antisistema e massimalistica del vecchio Movimento.

Un percorso astruso e per certi aspetti regressivo. Chi, come lui, ha guidato due governi e gestito con abilità una pandemia, sa benissimo che il senso di responsabilità deve prevalere sugli interessi di partito e sull’inseguimento dei sondaggi. Gli autogol di Salvini dovrebbero pure insegnare qualcosa. Il Conte Presidente del Consiglio si era guadagnata una credibilità notevole proprio perché aveva messo da parte gli slogan dei primi mesi di coabitazione con la Lega e si era dedicato con serietà a gestire un passaggio difficilissimo per l’Italia.

Conte sembra ora voler gettare alle ortiche tutto questo e rischia di sperperare il credito residuo di cui ancora gode. Perché? Perché si illude che il M5S possa recuperare consensi tornando a fare chiasso, ad agitare le piazze con frasi ad effetto, a presentarsi come un Savonarola che amministra il Bene e il Male.

Se Conte vuol ricostituire il vecchio M5S sbaglia di grosso. Quel Movimento ha avuto già il suo massimo storico nel 2018.I suoi seguaci sono rimasti delusi dalla modesta e a volte scadente capacità di governo, nazionale e locale e dal fallimento di tanti sogni che erano stati superficialmente alimentati da Grillo.

Chi ha capito quella lezione e ha imparato dai suoi errori cercando di maturare in fretta è stato Di Maio. Da illusionista, che dal balcone di Palazzo Chigi assicurava di aver sconfitto la povertà, si è messo umilmente a studiare i problemi concreti e ha dato buona prova di sé come Ministro degli Esteri in un momento storico tutt’altro che facile.

È davvero singolare che le parti si siano invertite. Di Maio che era l’arruffapopolo è diventato moderato e responsabile. Conte che era partito con l’aplomb del Presidente del Consiglio con la testa sul collo ora si traveste da Giamburrasca. Per di più senza trarne le conclusioni: se non te la senti di stare al Governo vai all’opposizione .

Tra i fedelissimi di Conte serpeggia la voglia di mettere fuori gioco Di Maio, magari servendosi delle ambiguità di Grillo che sul secondo mandato dice e non dice. Di Maio ha oggi una credibilità che lo rende interlocutore più attendibile e affidabile di Conte perfino agli occhi di un nemico storico come Renzi. E se alla fine rottura ci sarà nel campo largo di letta ci sarà Di Maio e non Conte.

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