Qualche tempo fa un ristoratore lanciò un’iniziativa promozionale piuttosto furba. Al prezzo di una bibita, l’avventore avrebbe potuto consumare un intero pasto. Il trucco consisteva nel non lesinare sul sale, cosa che induceva il malcapitato a chiedere ancora da bere.
Fu questo, secondo la narrazione comune, lo spunto che portò l’economista Milton Friedman a coniare la celebre “non esistono pasti gratis”, traslando in ambito economico la terza legge di Newton ovvero quella per cui a ogni azione (in questo caso economica) corrisponde una reazione con il risultato che, alla fine, qualcuno deve pagare il conto.
Gig Economy: come funziona
Per restare in tema, nelle ultime settimane il settore della gig economy, segmento food delivery, ha fatto notizia non tanto per i noti problemi retributivi, pensionistici e di mental health dei rider in bicicletta, ma piú in generale per la sostenibilitá di un modello di business che la crescente inflazione e l’annunciata recessione rischiano di spazzare via.
Per capire come funziona, bisogna far riferimento a un semplice principio, l’effetto network. In parole povere, un bene o un servizio vale tanto piú quanto piú alto é il numero di coloro che ne godono. Prendiamo gli smartphone ad esempio: se sono il solo ad averne uno, alla fine chi chiamo?
Lato azienda questo ha indubbi vantaggi perchè significa fare scala ovvero ridurre i costi e aumentare i ricavi. Spingendo all’estremo il concetto, ci si possono creare dei monopoli ovvero avere un solo vincitore, quello che piú o meno cercano di fare le aziende tecnologiche da Amazon ai social media. Miele per gli investitori.
La prima tessera del domino?
Il punto é che negli anni, come fanno presente alcuni ricercatori dell’universitá di Warwick, i fondi di venture capital, che di mestiere cercano investimenti ad altissimo rendimento, hanno trattato le aziende di consegna di cibo a domicilio come aziende tecnologiche quando di tecnologico c’era ben poco a parte una app.
La conseguenza è che le valutazioni di start-up come Uber Eats o Just Eat, tanto per citarne un paio, hanno raggiunto valori stellari nonostante perdite miliardarie. E ora che la marea calante ci sta aiutando a capire chi nuotava in costume, parafrasando Warren Buffet, resta da chiedersi se questa è solo la prima tessera del domino nel mondo delle start-up dove sulla promessa di valore si gioca quasi sempre la partita.
Infatti, se da un lato l’impennata inflazionistica e i rischi recessivi hanno spinto il consumatore a risparmiare a fronte di mancati adeguamenti salariali e i fondi di investimento a fare marcia indietro per minimizzare i rischi, piú in generale la domanda è chi sará in grado di autofinanziarsi e quindi di restare in piedi da solo a fronte di quello che promette diventare una tendenza che potrebbe interessare molti settori fin qui sopravvalutati.