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fragment of the sleeve of the uniform of the Ukrainian soldier with the flag of ukraine and patron, full frame

Di quante armi ha bisogno Kiev?

martedì, 7 Giugno 2022
1 minuto di lettura

Secondo Giuseppe Conte ne abbiamo inviate abbastanza. Abbastanza per che cosa?

Per sentirci con la coscienza a posto? O per consentire a un Paese invaso di potersi difendere con efficacia?

Il problema è tutto qui. Se volevamo lavarcene le mani e ipocritamente far finta di aver aiutato l’Ucraina, potevamo anche limitarci a qualche missile anticarro e basta. Ma se invece vogliamo comportarci come un Paese serio allora dobbiamo chiederci cosa possiamo fare -in relazione alle nostre possibilità- per mettere Kiev in condizione di respingere l’invasione russa e sedersi al tavolo della pace non per arrendersi ma per trattare in modo onorevole e non umiliante.

È questo il metro su cui l’Occidente -Italia inclusa- deve misurare il suo sostegno militare alla resistenza ucraina contro l’aggressione russa. Non ce ne sono altri. Il teorema dei pacifisti in difetto di logica è un sofisma. Sostengono che mandare più armi significa allontanare la pace. È esattamente il contrario. Solo bilanciando l’equilibrio tra i belligeranti si può costringere entrambi a trattare e chiudere il conflitto. Se c’è uno squilibrio -che si aggraverebbe se l’Occidente non mandasse altre armi- non ci sarebbe la pace ma la resa incondizionata dell’Ucraina alle pretese di Putin. È quello che alcuni filoputiniani si augurano ma non è quello che la Lega e i 5S possono decentemente sostenere, né privatamente né pubblicamente.

Le continue minacce di Mosca di fronte alle forniture militari più moderne a Kiev dimostrano che Putin teme di perdere la sua supremazia militare ed essere costretto a venire a patti con Zelensky. Uno stop all’invio di armi asseconderebbe il piano di Putin e sarebbe un tradimento nei confronti degli ucraini.

Diciamola tutta: se l’Occidente fosse stato meno timido e avesse fornito già a marzo le armi che sta mandando adesso, Putin avrebbe capito da subito il segnale e si sarebbe probabilmente orientato per una
trattativa, risparmiando decine di migliaia di vite umane e tante sofferenze a russi, ucraini europei e popoli che soffrono la fame per il grano che i russi continuano a bloccare nei porti.

Giuseppe Mazzei

Giuseppe Mazzei

Filosofo, Ph.D. giornalista, lobbista, docente a contratto e saggista. Dal 1979 al 2004 alla Rai, vicedirettore Tg1 e Tg2, quirinalista e responsabile dei rapporti con le Authority. Per 9 anni Direttore dei Rapporti istituzionali di Allianz. Fondatore e Presidente onorario delle associazioni "Il Chiostro - trasparenza e professionalità delle lobby" e "Public Affairs Community of Europe" (PACE). Ha insegnato alla Sapienza, Tor Vergata, Iulm e Luiss di cui ha diretto la Scuola di giornalismo. Scrivi all'autore

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