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La plastica soffoca anche i nostri laghi

Nel 2050 a rischio 5 miliardi di persone
giovedì, 2 Giugno 2022
1 minuto di lettura

La plastica non sta soffocando solo i mari e gli oceani ma anche i nostri laghi. Eppure la loro importanza è inversamente proporzionale all’estensione. Se l’acqua nel suo complesso ricopre quasi il 70% del nostro Pianeta, quella dolce superficiale, rappresenta solo l’1,2% del totale ma nel suo piccolo sostiene e nutre 7,9 miliardi di persone. Cionostante è ancora più minacciata di quella salata. Secondo le stime dell’ONU entro il 2050 saranno oltre 5 miliardi gli esseri umani a rischio di carenza di acqua pulita a causa di continui prelievi, inquinamento, cambiamento climatico, contaminazioni da metalli pesanti, sostanze tossiche e, in misura crescente microplastiche.

I maggiori contaminanti rinvenuti nei laghi Maggiore, Iseo e Garda sono frammenti di microplastiche (circa il 74%), palline di polistirolo (quasi il 20% del totale), polietilene (45%) e polipropilene (15%), con concentrazioni più elevate in prossimità di foci fluviali e restringimenti del bacino idrico. Mediamente sono stati trovati dai 25.000 ai 40.000 residui plastici per Km quadrato. I rischi per l’uomo sono altissimi per i tanti usi antropici delle acque lacustri.

Sulle plastiche, colonie di batteri

Alcune ricerche condotte da Enea, in collaborazione con l’Istituto di Ricerca sulle Acque (IRSA), del Cnr di Roma (IRSA-CNR) e Goletta Verde di Legambiente, sui biofilm associati alle microplastiche – la cosiddetta platisfera, cioè l’insieme delle comunità microbiche che ne colonizzano la superficie – condotti nelle acque dei laghi subalpini, oltre che del Trasimeno e dei laghi di Bracciano e Paola nel Lazio, hanno evidenziato la presenza di batteri coinvolti nei processi di biodegradazione delle plastiche. Ancora in fase di studio, poi, il ruolo delle microplastiche come veicolo di trasporto e di diffusione di geni di resistenza agli antibiotici, di microrganismi patogeni e/o microalghe tossiche per gli organismi acquatici e per l’uomo.

Nell’86% dei persici residui di manufatti umani

“Dai laghi di Garda, Como, Orta e Maggiore abbiamo prelevato 80 esemplari di pesce persico per quantificare e analizzare le microplastiche presenti nel tratto gastrointestinale tramite analisi chimiche e morfometriche – ha spiegato Silvia Galafassi dell’IRSA-CNR di Verbania -. Nell’86% degli individui abbiamo trovato frammenti di derivazione umana. I polimeri più frequentemente trovati sono quelli che hanno largo impiego nell’industria. Inoltre, nei pesci con un maggiore contenuto di microplastiche è stata riscontrata una più bassa frequenza di alimentazione, effetto che evidenzia come le microplastiche interferiscano direttamente con l’attività predatoria del pesce persico, come già evidenziato per altre specie”. E il pesce persico è una delle specie d’acqua dolce più diffusa in Italia e che più facilmente ritroviamo nei nostri piatti.

Cristina Calzecchi Onesti

Giornalista ed esperta di comunicazione aziendale. Dopo esperienze in tutta la comunicazione, dagli uffici stampa alle Relazioni esterne, ai Rapporti istituzionali, per quasi dieci è stata assistente parlamentare, portavoce e spin doctor alla Camera e al Senato. Da sempre si occupa di politica, sociale, diritti civili e ambiente.

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