Giulio Onesti è stato il primo Presidente del CONI, dal dopoguerra agli anni ’70, e – non me ne vogliano e non se ne dolgano i suoi illustri successori – può, a ben diritto, essergli attribuito l’aggettivo di “storico” in quanto ha segnato, come nessun altro, le vicende dello sport nazionale e, in particolare, dell’Ente da lui presieduto, poiché è a lui che il CONI deve la sua sopravvivenza post-bellica. Giulio Onesti, infatti, era stato inizialmente designato al vertice dell’Ente quale Commissario liquidatore, per diventarne solo successivamente Commissario straordinario e, infine, Presidente. Egli riuscì, grazie alle sue doti professionali, e forse anche a quelle caratteriali e culturali derivanti dalla sua origine piemontese, a rilanciare e rinnovare il ruolo di un Ente che scontava la pesante eredità di strumento del consenso fascista e che si riteneva, quindi, dovesse essere soppresso nel nuovo contesto democratico.
Giulio Onesti portò nel mondo dello sport e nella interpretazione del proprio compito, una concezione non legata soltanto al fattore sportivo e agonistico, ma anche permeata da un afflato culturale, artistico e sociale che venne correttamente colto dalle Autorità governative, riuscendo, così, a mettere in pratica il precetto del perseguimento del proprio dovere dando un senso molto più elevato – e di generale interesse – alla missione inizialmente affidatagli.
Il Presidente Onesti, infatti, da buon piemontese originario del Monferrato, sapeva essere fedele al proprio compito, vissuto con un’etica del lavoro interpretato come missione, senza la quale non c’è onestà (nomen omen) intellettuale. Egli manteneva sempre – nel proprio agire – il senso della misura e delle proporzioni pur senza venir meno alla consapevolezza del proprio valore. Sapeva sdrammatizzare le avversità, evitando di farsene travolgere per affrontarle con dignità, superando, con stile, anche la malevolenza altrui, applicando sempre i principi di responsabilità, di ordine delle cose, di trasparenza, di rettitudine di pensiero e di rigore morale che permettono di affrontare i problemi, di risolverli e di assumere qualsiasi responsabilità consapevolmente e a testa alta.
Questa sua vocazione umanistica, più che giuridico-amministrativa – tale da renderlo assimilabile ad un uomo del rinascimento piuttosto che a un grigio grand commis della nuova Repubblica sorta dalle rovine della guerra – è testimoniata dall’incarico di Presidente della Commissione Cultura del CIO, affidatogli nel 1980 – a un anno dalla prematura scomparsa – una volta lasciato con grande signorilità il suo ruolo di Presidente del CONI, non per sua volontà.
Fu proprio grazie alla sua attenzione culturale che Giulio Onesti, fine giurista ma anche uomo dotato di grande cultura e di raffinato intuito politico, diede subito vita alla “Rivista di Diritto Sportivo. Rassegna trimestrale di dottrina e giurisprudenza”, con il determinante aiuto di Bruno Zauli. Nel corpo del suo articolo denominato “Panorama programmatico”, contenuto nel primo numero – doppio – pubblicato nel 1949, Onesti riconobbe il debito culturale nei confronti della pubblicazione periodica “Il diritto sportivo. Rassegna bimestrale di dottrina e giurisprudenza patrocinata dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano”, della quale nel corso degli anni ’40 del Novecento erano stati pubblicati sedici numeri ai quali – tra gli altri – contribuì Alfredo Albanesi, poi coinvolto da Onesti nel Comitato Scientifico della nuova “Rivista”.
Giulio Onesti, con il suo editoriale programmatico, seppe rivendicare quella dignità del diritto sportivo che da molti veniva messa in discussione, e lo fece perché da essa derivava anche il pieno riconoscimento delle regole federali e del CONI. Egli affrontò il tema del rapporto tra le fonti dell’ordinamento giuridico positivo e la regolamentazione sportiva, ponendo in rilievo la pubblica funzione delle regole poste dagli organi sportivi – sia in termini di interesse generale alla preparazione sportiva, sia di interesse collettivo alla tutela della pubblica incolumità, soffermandosi anche sulla natura giuridica dei vari soggetti coinvolti nello sport e sull’oggetto del diritto sportivo. Nel fare questo, seppe tuttavia adottare uno stile partecipativo, invitando tutti a essere parte della divulgazione a dell’approfondimento dei temi attinenti allo sport ed alla integrazione dei principi giuridici ad esso correlati.
La “Rivista” di Giulio Onesti, quindi, venne concepita per essere non solo un veicolo per il pieno riconoscimento del diritto sportivo e, attraverso di esso, per la legittimazione per tutte le istituzioni rappresentative del mondo dello sport, ma per diventare – quale è ancora oggi – un vero e proprio laboratorio sperimentale di idee riguardanti la cultura giuridica sportiva. In questo senso, appare oltremodo significativa la circostanza per cui il citato numero di esordio della “Rivista” abbia ospitato l’articolo di Massimo Severo Giannini avente a tema “Prime osservazioni sugli ordinamenti giuridici sportivi” che – nel riprendere i concetti elaborati da Santi Romano al termine della Prima Guerra Mondiale in termini generali, e da Widar Cesarini Sforza alla fine degli anni ’20 del Novecento, in relazione alla conseguente autosufficienza dell’ordinamento sportivo – segnò una svolta concreta nella concezione della pluralità degli ordinamenti giuridici e sul loro reciproco rapporto. Si tratta di un articolo che è diventato uno spunto dottrinale imprescindibile per tutti, anche per gli studiosi più critici, e che riverbera il proprio riflesso ancora oggi, non solo in ambito giuridico sportivo.
La “Rivista” continua ancor oggi ad essere una fucina di idee destinata a dare pari dignità ad un diritto considerato per molto tempo – seppur a torto – ‘minore’ e, grazie anche alle potenzialità fornite dalla ‘rete’, ha riacquisito la propria ambizione di essere laboratorio di idee e luogo di dibattito immediato, pur senza perdere il proprio ruolo di summa dei contributi scientifici più importanti e significativi da conservare e tramandare, anche grazie al permanere di una limitata edizione cartacea.