venerdì, 15 Novembre, 2024
Attualità

L’Italia senza gas russo. Mix possibile entro il 2022

Ipotesi ottimistiche e dubbi

Incertezze e rischi avvolgono il conto alla rovescia dell’Italia al blocco del gas russo. Per guadagnare l’indipendenza dalle forniture bisogna trovare 29 miliardi di metri cubi di gas entro sei mesi. Una impresa irta di difficoltà dove si fronteggiano due scenari. Se lo stop arriva in estate la situazione per l’Italia sarà “critica”, con problemi in autunno di razionamento; se il blocco ci sarà a fine 2022 la situazione avrà conseguenze “meno critiche”. Per gli esperti, quelli ottimisti, come il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, il Paese può farcela, puntando su un mix di soluzioni: carbone, fotovoltaico, fonti rinnovabili come parchi eolici marini, rigassificatori, import da Paesi africani e Stati Uniti. Per i più realisti, come Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, ogni sforzo di approvvigionamento porterà a tempi comunque troppo lunghi rispetto all’emergenza. “I volumi saranno sempre più bassi rispetto a quanto acquistiamo dalla Russia”, spiega, “Poi possiamo mettere un po’ di tutto: carbone, rinnovabili, biometano, legna. Ma in caso di embargo duro dovremmo comunque fare del razionamento”. “Se arriviamo a un totale di 15 miliardi sostituiti, e sarebbe già un buon risultato, ma ne mancano sempre altri 14-15”, calcola Tabarelli.

Stop a maggio, inverno al freddo

Per il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani c’è una linea temporale critica. Se l’interruzione delle forniture russe ci sarà a maggio il
blocco “renderebbe critico il superamento dell’inverno prossimo”, perché ogni mese “stocchiamo un miliardo e mezzo di metri cubi di gas e, per raggiungere il 90% del riempimento, servono circa 6 mesi”. Altra situazione, quella ideale, sarebbe mantenere le forniture da Mosca fino a fine 2022. Allora le possibilità di farcela senza particolari ripercussioni sarebbe raggiunta.

La strategia del Governo

Un piano per assicurare 25 miliardi di metri cubi in più di gas c’è ma l’obiettivo sarà raggiunto nell’inverno 2024-2025. La previsione più favorevole rimane sempre tra i prossimi due anni. “Rimpiazzare i circa 29 miliardi di metri cubi di gas russo a partire dalla seconda metà del 2024”, assicura il ministro. Quindi è necessario accelerare per individuare contromisure concrete. La strada che appare più sicura è un mix tra accordi internazionali e spingere sulla produttività dei giacimenti in Italia. C’è il patto siglato in Algeria dall’Eni per cui giungeranno 9 miliardi già dalla seconda metà del 2024. Accordi sono stati siglati e altri in via di definizione sono previsti con l’Egitto (3,5 miliardi, grazie all’intesa siglata lo scorso 13 aprile), Congo (4,6 miliardi), Qatar (1,4 miliardi), Angola (1 miliardo) e altri Paesi: Mozambico, Nigeria, Indonesia, Libia; da dove giungerebbero, da qui ai prossimi tre anni, altri 2,2 miliardi di metri cubi.

La produzione nazionale

Nell’orizzonte della produzione nazionale ci sono 1,4 miliardi di metri cubi in più di gas dai giacimenti Argo e Cassiopea di Eni, e gli ulteriori 1,5 miliardi assicurati dal Gasdotto Trans-Adriatico Tap, che dalla frontiera greco-turca attraversa Grecia e Albania per approdare in Italia, sulla costa adriatica della provincia di Lecce.

Speranze dal Trans-Adriatico

Il Tap, secondo un recente report, ha fatto registrare numeri importanti. Ad aprile si è raggiunta la media mensile più alta di sempre: 28 milioni di metri cubi al giorno che, proiettati su base annuale, farebbero alzare l’asticella, mantenendo questi ritmi, fino a 2 miliardi di metri cubi in più solo per l’Italia.

Il taglio dei consumi

Il Governo è pronto a far leva anche su un pacchetto di misure che puntano a conseguire fino a 10,9 miliardi di metri cubi di risparmi sul fronte gas. Un piano dettagliato per ora non c’è ma
“dipenderà anche dalla data dell’eventuale interruzione delle forniture russe”, fa presente il ministro della Transizione ecologica. La possibilità di attivare quattro interventi c’è ma sono scelte controverse sul piano politico. Come annunciato dal Premier Mario Draghi la massimizzazione delle 4 centrali a carbone ancora accese – in modo da conseguire già, nei prossimi sei mesi, 1,1 miliardi di risparmi in termini di mancato utilizzo del gas -, eventualità su cui si sono decisamente schierati contro gli ambientalisti.
Poi ci sono le misure di contenimento dei consumi termici ed elettrici, dalle quali potrebbe arrivare un ulteriore risparmio per 3 miliardi di metri cubi.

Le rinnovabili tra slanci e dubbi

Il tema rinnovabili è la strada che più piace ma i ritardi sono enormi e le soluzioni ancora incerte. “Accelerare su questo fronte è un fattore fondamentale”, ricorda Cingolani, “in quanto consente di ridurre la domanda complessiva di gas di circa 1 miliardo di metri cubi ogni 10 terawattora installati”. Riflessione amara invece arriva dal presidente di Nomisma Energia, “I prezzi del gas sono esplosi lo scorso settembre. Quindi sono otto mesi che c’è necessità di riaprire le centrali a carbone e non ci siamo ancora riusciti”, osserva Davide Tabarelli, “Per dirne un’altra, anche dai rifiuti si potrebbe ricavare energia, ma come vede il governo si è spaccato sul termovalorizzatore a Roma, che proprio non si riesce a realizzare”.

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