Armida Barelli è stata innalzata agli onori degli altari. La notizia, del 30 aprile, si sovrappone alla ricorrenza della 98^ Giornata per l’Università Cattolica del Sacro Cuore, il 1° Maggio. Celebrazione da lei istituita, Ateneo da lei fondato, per cui il tema scelto per quest’anno è stato: “Con cuore di donna. Al servizio della cultura e della società”, sintesi tanto estrema quanto esplicativa dell’attivismo e della spiritualità della Barelli.
Quattro le “linee-guida” che possiamo seguire sulle tracce della Beata Armida: la fondazione, con Padre Gemelli, dell’Università Cattolica, che ella volle “del Sacro Cuore”; la Direzione dell’Azione Cattolica Italiana; la cofondazione dell’Istituto Secolare delle Missionarie della Regalità; la cofondazione dell’Opera della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo. Dei relativi dettagli sarebbe lungo parlare.
La nota che intendo sottolineare e che ritengo illuminante per noi è il suo agire sorprendentemente attuale, anzi profetico, se trasposto nella realtà di questi nostri giorni. Nata nel 1882, la Beata Armida incarna una delle poche vie d’uscita dalla “crisi”, nei molteplici risvolti del termine, in cui siamo impantanati da alcuni anni, sempre più profondamente.
Oltre a tutti i provvedimenti “tecnici” da mettere in atto nei settori organizzativi strutturali della società per potere riemergere dall’abisso in cui stazioniamo, certamente è indispensabile che sussista un solido terreno portante ciascuna delle trasformazioni da realizzare. Questo fondamento, questa concezione basilare non è affatto astratta, tutt’altro. Armida intravvide una via di svolta per l’evoluzione dei tempi nell’incardinamento dei valori, che informavano la vita quotidiana, sulle ragioni della fede cristiana.
Così, oltre ad essere in nuce una teorizzatrice della futura Democrazia Cristiana, informò dei concetti cattolici milioni di giovani donne e suscitò in loro lo slancio per l’associazionismo nella gioventù femminile di Azione Cattolica.
Il laicato femminile non era ancora contemplato tra i rami dell’impegno attivo cattolico.
Ella realizzò, ancora in epoca pre-conciliare, la condizione laicale non come un ostacolo bensì quale opportunità di santità.
Senza essere femminista, ma neanche arrendendosi al donnismo, la Beata Armida aprì, per tutte, ma a vantaggio di tutti, quella che definirei “la terza via”, in cui la consacrazione a Dio non toglieva alla donna la sua partecipazione alle attività quotidiane politiche (oltre a prevedere la necessità di una impostazione cattolica della nascente Repubblica, finalità per cui si impegnò fortemente, operò una mediazione pacifista in entrambe le Guerre), economiche (ella stessa fu, per tutta la propria vita, l’economa dell’Università Cattolica), sociali (percorse in lungo ed in largo l’Italia per aprire nuove Sedi delle sue associazioni e le sue fondazioni furono presto presenti in parecchi Paesi in Europa, in America Latina, negli Stati Uniti e in Cina).
Ecco, questa è la potenza attuale della sua svolta: ridare forza alla voce delle donne cattoliche.
E la profeticità del suo pensiero è che ancora oggi, nel bivio etico, morale, di usi e costumi in cui stiamo per indugiare o che forse abbiamo già superato per imboccare la via meno luminosa, possiamo scegliere, con uno slancio di fede rinnovata e fattiva, la strada della fertilità operosa e multiforme, peculiarità prevalentemente femminile, per costruire il futuro con determinazione e passione, “con cuore di donna”.