La tassa “occulta”, che andrà a sovraccaricare il gettito dei cittadini, è quella dell’inflazione. Un 6% in più che incrementerà le entrate fiscali dello Stato. Su questo gettito imprevisto e notevole per la rapidità in cui è cresciuto, la società di ricerca e studi economici, Cgia di Mestre – Centro studi delle imprese legate alla Confederazione nazionale degli artigiani -, lancia una idea: utilizzare questo extra gettito a sostegno delle famiglie e imprese. Proposta che interessa anche alle forze politiche che sollecitano il Governo a sostenere sociale e attività produttive oltre i 6-7 miliardi che l’esecutivo ha già garantito di assegnare.
Miliardi da restituire
“Secondo il Documento economico e finanziario (Def), lo Stato italiano nel 2022 incasserà 39,7 miliardi di imposte e contributi in più rispetto l’anno scorso”, calcola l’Ufficio studi della Cgia che, osserva, come il Governo non potrà non tener conto delle ulteriori conseguenze che il Covid e la guerra russo-ucraina potrebbero provocare nei prossimi mesi. La cifra incassata dallo Stato deve tornare a circolare nelle tasche degli italiani proprio per sostenere quei bilanci di famiglie e aziende che sono da due anni alle prese con difficoltà economiche crescenti. “Se la stima fosse confermata, segnaliamo che una parte di questo incremento di gettito sarebbe riconducibile anche al forte aumento dell’inflazione che, stante le previsioni, quest’anno è destinato a sfiorare il 6 per cento”, insiste la Cgia.
La tassa occulta
Questo extra gettito in realtà è per il Centro studi “la tassa occulta dell’inflazione”.
“Pertanto”, propone la Cgia, “in un momento in cui le famiglie patiscono dei rincari spaventosi che potrebbero provocare una caduta verticale dei consumi interni, sarebbe auspicabile che il Governo restituisse una parte di questo extra gettito”.
Il Fiscal drag
La strada proposta dalla Cgia è una reintroduzione del Fiscal drag. “Una misura”, segnala il Centro studi, “che rafforzerebbe il potere d’acquisto dei pensionati e dei lavoratori dipendenti”. Una ipotesi che darà secondo i calcoli “un po’ di sollievo soprattutto a coloro che attualmente si trovano in grave difficoltà economica”.
Rischi della stagflazione
Un problema da non sottovalutare per gli analisti della Cgia e che la nostra economia “stia scivolando lentamente verso la stagflazione è molto elevato”. La “stagflazione”, spiega il Centro studi, “è un fenomeno che si realizza quando l’inflazione genera un aumento del carico fiscale, anche a parità di aliquote”. Stagflazione, inoltre, segnala la Cgia, “è un termine ai più sconosciuto, anche perché si manifesta raramente, ovvero quando ad una stagnazione economica si affianca un’inflazione molto elevata che fa impennare il tasso di disoccupazione”. Uno scenario che puntualizza la società di studi finanziari, che in “tempi relativamente brevi potrebbe verificarsi anche in Italia”.
Crescita pari allo zero
Lo scenario che la Cgia tratteggia è tra i meno rassicuranti. “Le difficoltà legate alla post-pandemia, gli effetti della guerra in Ucraina, le sanzioni economiche alla Russia, l’aumento dei prezzi delle materie prime e dei prodotti energetici rischiano, nel medio periodo, di spingere l’economia verso una crescita pari a zero, con una inflazione che si avvierebbe a sfiorare le due cifre”.
Operazione complessa
Contrastare la stagflazione, avverte l’Ufficio studi della Cgia, è un’operazione molto complessa. “Per attenuare la spinta inflazionistica, gli esperti sostengono che le banche centrali dovrebbero contenere le misure espansive e aumentare i tassi di interesse, operazione che consentirebbe di diminuire la massa monetaria in circolazione”, ricorda la Cgia, “è evidente che avendo un rapporto debito/Pil tra i più elevati al mondo, con l’aumento dei tassi di interesse l’Italia registrerebbe un deciso incremento del costo del debito pubblico. Un problema che potrebbe minare la nostra stabilità finanziaria”.
Ridurre la pressione fiscale
“Bisognerebbe, intervenire simultaneamente”, sollecita la Cgia, “almeno su altri due versanti: in primo luogo, attraverso la drastica riduzione della spesa corrente e, in secondo luogo, con il taglio della pressione fiscale, unici strumenti efficaci in grado di stimolare i consumi e per questa via alimentare anche la domanda aggregata di beni e servizi”. Operazioni, queste ultime, non facili da applicare in misura importante. “Almeno fino a quando”, conclude il Centro studi, “non verrà ‘rivisto’ il Patto di Stabilità a livello europeo”.