L’arsenale nucleare russo è in stato di allerta dal 27 febbraio, solo 3 giorni dopo l’invasione dell’Ucraina. In quel momento, l’invio di armi occidentali a Kiev era limitato a poca cosa. Eppure Putin già aveva cominciato a giocare con le testate atomiche. Nel corso di questi due mesi Il Cremlino ha continuato periodicamente a minacciare il ricorso alle armi nucleari, mano a mano che aumentavano quantità e qualità del sostegno militare a Kiev.
Queste minacce hanno sortito l’effetto contrario: hanno fatto capire -anche a chi aveva qualche dubbio – che Putin non ha intenzione di fermarsi e che è determinato a prendersi quello che vuole a qualsiasi costo. Anche se i risultati concreti di queste pretese sono per ora piuttosto deludenti. Solo alcuni pavidi e sconsiderati commentatori e qualche politico di dubbia coerenza si sono lasciati suggestionare dalla retorica aggressiva putinina.
Di fronte all’eroica resistenza del popolo ucraino l’Occidente non ha avuto altra scelta: dare tutto il supporto necessario a Zelensky per impedire al dittatore russo di realizzare il suo disegno che mira a prendersi parti dell’Ucraina, minacciare altri Paesi, a cominciare dalla Moldova, minare la pace nel cuore dell’Europa.
La compattezza dei 30 Paesi della Nato cui si sono aggiunti altri 13 Stati è stato un segnale fermissimo e le parole di Biden sono senza equivoci: nessuno vuole attaccare la Russia ma vogliamo difendere l’Ucraina. I costi saranno alti? Cedere all’aggressione avrebbe costi ancora più elevati.
Putin durante le vacanze fino al 9 maggio non avrà incontri pubblici. Lavorerà, dice il portavoce Peskov.
Il Cremlino se vuole cercare pretesti per alzare la tensione perde il suo tempo. Perché non ha bisogno di pretesti. La sua decisione dell’escalation era già implicita nell’invasione vile dell’Ucraina e dell’allerta nucleare deciso il 27 febbraio.
È la Russia che minaccia la pace non il contrario. Se l’Occidente avesse abbandonato l’Ucraina a se stessa, ora le truppe di Mosca sarebbero ai confini della Polonia della Romania e la pace in Europa sarebbe finita. Salvini, intanto, continua a preoccuparsi per l’invio delle armi a Kiev e non per i ricatti russi sul gas e per le minacce nucleari di Mosca. Strano, o forse strano non è.