Dopo il calo di valore, registrato nel 2020, il mercato dell’Arte ha superato lo soglia dei di 65 miliardi di dollari. Un incremento pari al 29% rispetto al 2020 (anno della pandemia che ha fatto registrare un calo del 25%, assestandosi 50,1 miliardi di dollari) che supera di ben un miliardo di dollari il valore delle vendite realizzate nel 2019 (64,1 miliardi di dollari). Un trend positivo che fa coppia con il progressivo infittirsi del calendario delle fiere e degli eventi espositivi del 2021.
Dall’inizio della pandemia sono stati oltre 35 le grandi fiere e gli eventi d’arte chiusi, tra cui Art Monaco, Pad Monaco e Ginevra, Art New York, Art Bab in Bahrain, ARTBO, Art Berlin e Sunday Art Fair nel Regno Unito.
Sono questi i dati riportati nella sesta edizione dell’Art Basel/Ubs Global Art Market Report, scritta dall’economista culturale Clare McAndrew, fondatrice di Arts Economics e pubblicata lo scorso 29 marzo.
Dunque, nel 2021 ha soffiato una vera e propria ventata d’ossigeno che, tuttavia, sembra aver interessato soltanto
Il valore delle vendite nelle gallerie è aumentato del 18% rispetto al 2020 (circa 34,7 miliardi di dollari nel 2021, un livello comunque inferiore a quello del 2019). Complessivamente, il 61% del campione di 774 galleristi ha dichiarato un aumento dei valori delle vendite rispetto al 2020, mentre il 13% risulta stabile e, in controtendenza, il 26% ha patito una riduzione dei valori delle vendite.
Dalla stessa indagine di McAndrew emerge che le vendite sono cresciute per quegli intermediari dell’Arte con un fatturato compreso tra i 5 e i 10 milioni di dollari (con un guadagno che segna +35%), di contro, i piccoli mercanti d’Arte, quelli con un fatturato inferiore a 250mila dollari, hanno registrato ridotti valori di incremento (soltanto +6%).
Ad avvantaggiare i Big del mercato dell’arte sembrano essere stati almeno due effetti causati dalla crisi pandemica. Da una parte la maggiore propensione dei collezionisti verso l’acquisto a distanza che ha trovato maggiormente preparate le più importanti case d’asta, ovvero, quelle che sono riuscite ad adattarsi più rapidamente al nuovo modello di business. Dall’altra parte, incertezza e timore verso il futuro che hanno indotto i collezionisti a privilegiare il fattore sicurezza, quindi a preferire le vendite private rispetto alle aste pubbliche, per certi aspetti più rischiose (le vendite private nel 2021 hanno movimentato 4,1 miliardi di dollari).
Il rapporto Art Basel/Ubs, oltre a esaminare l’impatto della pandemia sul mercato dell’arte, dedica per la prima volta un focus al fenomeno NFT, da cui emerge la tendenza crescente sia del numero di collezionisti che della quantità di NFT scambiati sul mercato, anche se a un valore medio relativamente modesto (probabilmente commisurato al valore artistico e creativo degli stessi? ndr).
Ciò che emerge è che il mercato degli NFT legati all’arte è cresciuto di oltre cento volte nel 2021 fino a raggiungere 2,6 miliardi di dollari e il livello di crescita è ancora più alto per gli oggetti da collezione, a 8,6 miliardi. Peccato che la maggior parte delle movimentazioni di denaro sia stata realizzata al di fuori dei canali tradizionali delle case d’aste e delle gallerie, segno di quella ostentata disintermediazione.
L’attenzione verso il digitale consente, piuttosto, di rilevare un altro aspetto davvero significativo: «Tutti i pezzi di fascia alta si stanno già spostando verso New York e Hong Kong». È quanto ha commentato Clare McAndrew a «The Art Newspaper». Secondo l’economista il continuo ricorso alle aste in live streaming ha dimostrato che un’opera può essere acquistata e venduta contemporaneamente in mercati diversi.
Ma c’è un aspetto in ordine al quale dovremmo iniziare a interrogarci -ed è quello che stanno facendo gli esperti Antiriciclaggio dell’Osservatorio Italia Antiriciclaggio per l’Arte- e ci riferiamo a quanto emerge dalle considerazioni di McAndrew: «Un’opera potrebbe essere venduta a Hong Kong, ma può essere registrata come vendita da qualche altra parte, se il venditore lo desidera. Se l’arbitraggio continuerà, farà davvero pressione su luoghi che non ottengono il giusto equilibrio normativo, perché le persone avranno sempre più scelta su dove acquistare e vendere».
Ecco quindi che, oltre al rischio di furto di proprietà intellettuale e al riciclaggio di denaro per mezzo di tecniche «wash trading» ossia operazioni di acquisto e vendita realizzati dallo stesso soggetto per far aumentare il valore dell’opera, segnatamente NFT, si dovrà puntare la lente verso le distorsioni generate dal dumping fiscale e tributario e dalle asimmetrie normative presenti sullo scenario internazionale.
* Fondatore e Presidente Osservatorio Italia Antiriciclaggio per l’Arte