Neanche soddisfatti dallo scampato pericolo del referendum sulla loro diretta responsabilità civile per i danni inflitti ai cittadini nell’esercizio della giurisdizione, i magistrati minacciano ora lo sciopero nel caso in cui venisse approvata la mini riforma Cartabia, della quale il giudizio più positivo che si possa dare è quello secondo cui l’insieme degli aggiustamenti proposti all’attuale disciplina dell’ordinamento giudiziario si muove almeno nella direzione giusta, che poi sarebbe quella di allineare lo status dei magistrati stessi ai limiti che incontrano i titolari degli altri due poteri pubblici: quello legislativo e quello esecutivo.
Venendo da un altro pianeta – dove il principio della divisione dei poteri non si è mai realizzato, per la semplice ragione che, almeno su Marte, non v’è necessità di istituire poteri pubblici, visto che i suoi abitanti sono molto pochi e vanno perfettamente d’accordo fra loro, senza bisogno di alcun intervento esterno che pretenda di disciplinarne i rapporti – Kurt mi ha chiesto di spiegargli che cosa abbia fatto tanto arrabbiare i magistrati da spingerli ad insorgere contro gli altri due poteri dello Stato (il Governo e il Parlamento), minacciando addirittura di sospendere – non si sa come e per quanto tempo – l’uso del terzo potere di cui sono investiti.
Il Marziano coglie infatti una contraddizione, nella dialettica fra potere e libertà, quando il titolare dell’uno Invoca l’altra, dimenticando che il potere di cui è portatore gli è stato conferito appunto per limitare la libertà degli altri; né riesce a comprendere come sia possibile una tale limitazione allorché quella stessa libertà non riguardi altre persone, ma sé stesso.
È evidente come una simile riflessione dimostri come quegli extraterrestri siano rimasti essenzialmente dei primitivi rispetto all’evoluzione degli abitanti del nostro pianeta; qui infatti è da almeno due secoli che filosofi e letterati speculano sulla figura di colui che si pone come altro da sé, ma è sempre dalla stessa epoca che la dialettica fra potere e libertà ha assunto forme talmente evolute da avere avuto bisogno di essere oggetto di procedimenti, di carattere – rispettivamente – normativo, esecutivo e giudiziario: il ché ha portato molti studiosi a dire che il primo principio di costituzione materiale di ogni ordinamento giuridico sarebbe appunto quello della procedimentalizzazione (la parola è cacofonica, ma ormai è entrata nell’uso comune) di ogni attività posta in essere dai titolari di ciascun pubblico potere.
Al di là di queste sottigliezze dialettiche, ho spiegato a Kurt che quello che ha fatto di più arrabbiare i magistrati è la “pagella” che ciascuno di loro dovrebbe ricevere (da altri magistrati peraltro!) per essere poi valutata dal Consiglio Superiore della Magistratura al fine di conferire ai migliori la titolarità degli uffici giudiziari fino ad oggi distribuiti essenzialmente sulla base di lottizzazioni correntizie talmente spregiudicate da fare invidia a quelle in uso nella Televisione di Stato e nelle altre Società affidate alla cura del Ministero dell’Economia.
Ma cosa dovrebbe scriversi in una tal pagella?
Essenzialmente gli insuccessi, o meglio gli errori, compiuti dal magistrato nell’esercizio della sua attività giurisdizionale: per i giudici civili l’aver emesso provvedimenti riformati in appello o in Cassazione, per i giudici penali l’aver condannato qualcuno Poi riconosciuto innocente (o viceversa), per i procuratori della Repubblica l’aver richiesto o adottato misure cautelari personali e patrimoniali poi rivelatesi prive dei minimi presupposti che ne giustificassero l’adozione.
Il primo obiettivo della riforma è perciò quello di rovesciare la Legge di Peter, secondo la quale L’abbandono della meritocrazia nelle dinamiche di carriera porta ciascuno a raggiungere più velocemente il proprio livello di incompetenza
Agli improvvisati difensori d’ufficio dell’attuale status dei magistrati occorrerebbe anche ricordare che la mini riforma di cui parliamo (e sui cui difetti più volte torneremo in questa rubrica), lungi dall’essere una iniziativa tendente a colpire l’autonomia del potere giudiziario, è semplicemente il soddisfacimento di una espressa richiesta rivolta all’Italia dall’Unione Europea.
Al pari dei marziani infatti, i governanti degli altri paesi d’Europa non riescono a comprendere i privilegi offerti, in Italia, alla casta dei magistrati, fino a spingere la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ad affermare che l’irresponsabilità di cui questi ultimi godono nell’esercizio della loro attività trova un limite insuperabile nei giudizi relativi all’applicazione di norme eurounitarie.
Queste ultime affermazioni hanno abbastanza sorpreso il Marziano, che scuotendo le spalle ha dichiarato di preferire la semplicità del sistema giuridico del suo pianeta – molto vicina a quella di ogni ordinamento allo stato nascente – alla complessità del nostro, per il quale intravede la fine di ogni torre di Babele.
A giudicare da quello che sta avvenendo nell’ordinamento internazionale, che non riesce ad impedire neanche i crimini di guerra compiuti in Ucraina, non saprei dargli torto.