venerdì, 15 Novembre, 2024
Società

Ricerca: Anvur, sistema sempre più attento a giovani e terza missione

Si è conclusa la terza Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR) realizzata dall’ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca), riferita al quinquennio 2015-2019 e avente a oggetto la valutazione dei risultati della produzione scientifica e delle attività di Terza Missione delle Istituzioni di formazione superiore e di ricerca italiane. I lavori di valutazione della VQR sono iniziati a novembre 2020 e sono terminati a febbraio 2022; i risultati sono stati approvati dall’ANVUR il 24 marzo 2022 e trasmessi successivamente al MUR. Oltre a fornire una fotografia della ricerca italiana, i risultati della VQR saranno utilizzati dal MUR per ripartire, già dal presente anno, l’80% della parte premiale del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) e per individuare i dipartimenti degli Atenei statali italiani che potranno competere per ottenere un importante finanziamento straordinario destinato a sostenere un progetto di ricerca e sviluppo quinquennale.

“Un sistema della ricerca, quello italiano, sempre più attento alla qualità nella promozione e nel reclutamento di giovani ricercatori e una crescente attenzione nei confronti della Terza Missione, ovvero verso le attività che si rivolgono ai territori e vedono le Istituzioni come centro per lo sviluppo sociale, economico e culturale del Paese’, afferma Antonio Uricchio, presidente dell’ANVUR.

Le pubblicazioni scientifiche valutate (articoli, monografie, contributi in volume ecc.) sono state circa 182.000 rispetto alle circa 118.000 presentate nella precedente VQR; i ricercatori accreditati sono stati circa 65.000. È aumentato anche il numero delle Università che sono state valutate, salite a 98 (4 in più dell’esercizio precedente), e degli enti di ricerca, 14 in totale (2 in più rispetto alla VQR 2010-2014), mentre sono diminuite, scendendo a 22, le Istituzioni che volontariamente si sono sottoposte alla valutazione (4 in meno).

I lavori sono stati suddivisi tra 18 Gruppi di Esperti della Valutazione (GEV), complessivamente composti da circa 630 ricercatori provenienti da Istituzioni italiane e straniere, afferenti a diverse aree disciplinari e provenienti da Istituzioni nazionali e internazionali; nella valutazione sono stati inoltre coinvolti oltre 11.000 esperti esterni, anch’essi sia italiani che stranieri. Queste cifre bastano per dare un’idea dello sforzo rilevante di coordinamento sostenuto dall’ANVUR, che ha coinvolto, oltre ai funzionari e ai componenti del Consiglio direttivo, un totale di 24 assistenti GEV selezionati tramite un’apposita procedura.

‘Ci sono notevoli differenze con gli esercizi valutativi condotti nelle due precedenti edizioni – spiega Alessandra Celletti, vicepresidente dell’ANVUR e coordinatrice della VQR 2015-2019 -.
In questa VQR si è fatto ricorso alla peer review informata. In altre parole, i prodotti della ricerca non sono stati valutati solamente in base a criteri bibliometrici (numero di citazioni e indicatori di impatto della rivista), come accadeva per alcuni settori scientifici nella precedente edizione, ma tutte le pubblicazioni sono state affidate a esperti che, nel fornire la propria valutazione, si sono eventualmente avvalsi dell’informazione bibliometrica’.

Un’altra differenza con la precedente VQR è consistita nella modalità di formazione dei GEV che hanno gestito la procedura per ciascuna area scientifica: i componenti dei GEV sono stati infatti selezionati in base a un pubblico sorteggio, a partire da una lista di candidati italiani e stranieri in possesso di un’adeguata qualificazione scientifica. Inoltre, a differenza che nella passata VQR, è stata prevista una maggiore flessibilità nel conferimento dei prodotti da parte delle Istituzioni. Infatti, è stato richiesto di fornire un numero di prodotti pari in totale al triplo del numero dei ricercatori afferenti all’Istituzione, lasciando all’autonomia della stessa la possibilità di conferire fino a un massimo di quattro prodotti riferiti ad uno stesso ricercatore (e di esibirne per altri un numero inferiore a tre).
Nella precedente VQR, ogni ricercatore era invece chiamato a sottoporre obbligatoriamente a valutazione un numero fisso di prodotti.

Infine, come ulteriore elemento di novità, al termine di questo esercizio di valutazione sarà pubblicato l’elenco di tutte le pubblicazioni valutate, corredate dal file pdf per quelle disponibili in accesso aperto.
Alla luce di tali differenze, risulta dunque difficile comparare direttamente i risultati ottenuti dalle singole Istituzioni e dai Dipartimenti a cui afferiscono i ricercatori con quelli ottenuti nelle precedenti VQR. Piuttosto, la valutazione deve essere vista ed analizzata nel suo complesso, in modo da avere un panorama generale della ricerca che attualmente viene svolta nel nostro Paese. In particolare, gli indicatori che vengono forniti dall’ANVUR devono essere interpretati con opportuna cautela.
Innanzitutto, è necessario confrontare insiemi omogenei (ad esempio per area scientifica e dimensione); inoltre, si consiglia di combinare possibilmente gli indicatori, in modo da avere una visione poliedrica del loro significato e ottenere una fotografia il più possibile realistica della qualità della ricerca che essi concorrono a misurare.

‘L’analisi dei risultati nel loro complesso consente di trarre alcune conclusioni che valgono per l’insieme del sistema della ricerca italiano – evidenzia Celletti -. Dall’analisi degli indicatori emerge una qualità media più elevata dei prodotti conferiti dai ricercatori neoassunti o promossi, rispetto a quelli che non hanno cambiato qualifica nel periodo 2015-2019’.

Nella VQR 2015-2019 sono stati anche valutati i casi studio relativi alla Terza Missione, ovvero all’insieme delle attività con cui le Istituzioni collaborano e interagiscono con i contesti territoriali e la società, in maniera complementare alle altre due missioni tradizionali di insegnamento e ricerca. Ogni Istituzione è stata chiamata a presentare uno o più casi di studio, in funzione delle proprie dimensioni, scegliendo tra 10 campi di azione, variabili dall’imprenditorialità accademica al trasferimento tecnologico, dalla divulgazione scientifica alla didattica aperta, dagli strumenti innovativi per l’Open science alle attività collegate all’Agenda ONU 2030 e agli obiettivi di sviluppo sostenibile.

Nella VQR 2015-2019 è stato valutato, in particolare, l’impatto di tali casi di studio, inteso come la capacità di trasformazione o miglioramento generati per l’economia, la società, la cultura, la salute, l’ambiente o, più in generale, per la lotta al contrasto alle disuguaglianze economiche, sociali e territoriali.
I risultati relativi alle attività di Terza Missione mostrano un’ampia dedizione delle Istituzioni alla divulgazione (Public Engagement), con circa un terzo di casi di studio sul totale di quelli presentati; segue la creazione di strutture di intermediazione e trasferimento tecnologico, a poca distanza dalla produzione di beni pubblici di natura sociale ed educativa e alle politiche per l’inclusione. “La valutazione della Terza Missione è uno strumento importante, che consente di misurare l’impatto nel contesto sociale e la capacità di restituzione delle Istituzioni.

Dalla valutazione delle attività di Terza Missione si deduce un sempre maggiore coinvolgimento degli atenei e degli enti di ricerca con il mondo esterno, a testimonianza della loro interazione con la società nel complesso processo di ricerca e innovazione”, sottolinea Uricchio.

La valutazione della Terza Missione fornisce quindi una misura dell’apertura delle Istituzioni, che devono rappresentare il punto d’incontro tra ricerca e società, nel momento in cui le Istituzioni scientifiche diventano protagoniste del territorio e offrono le proprie conoscenze a tutta la comunità.

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