Parole dure ha usato Papa Francesco sull’aumento delle spese militari. “Io mi sono vergognato quando ho letto che un gruppo di Stati si sono compromessi a spendere il 2% del Pil per l’acquisto di armi come risposta a questo che sta accadendo, pazzi!”. L’Italia è come tutti i Paesi della Nato tra quei “pazzi”.
Secondo il Pontefice sarebbe utile “un’altra impostazione, un modo diverso di governare un mondo ormai globalizzato, non facendo vedere i denti, e di impostare le relazioni internazionali”. Il duro intervento del Papa aveva ottenuto il plauso anche da parte di alcune forze politiche.
Mercoledì 9 marzo all’Angelicum di Roma ad ascoltare il segretario di stato vaticano, cardinale Pietro Parolin al convegno “Sui tetti” c’erano vari politici tra cui Matteo Salvini. Hanno applaudito la lectio del cardinale che ha insistito su: “Ragionevolezza, dignità e bellezza”: i tre punti cardine su cui deve essere imperniata «un’agenda di ispirazione cristiana”.
In queste ore le tensioni all’interno della maggioranza di Governo sull’aumento delle spese militari sembrano rientrare, ma le ambiguità tra chi predica bene eppoi vota diversamente, non sono mancate. Ad esempio, tra i firmatari dell’ordine del giorno sull’aumento delle spese militari, approvato alla Camera il 16 marzo 2022 a grande maggioranza spicca il nome dell’ onorevole Roberto Paolo Ferrari, deputato della Lega di Matteo Salvini.
Desta stupore come certi politici siano un giorno in prima fila a esprimere consenso al Papa e alle prese di posizione del Vaticano sulla pace e il giorno dopo benedicano un ordine del giorno che sostuene il contrario. Al leader della Lega, Matteo Salvini la questione appare semplice, perché usa lo stesso metodo col governo: un giorno contesta il premier: “Draghi e le armi? Fatico ad applaudire”, ma poi è in prinma linea nella presentazione del citato ordine del giorno che ha ricevuto l’approvazione a larghissima maggioranza (391 voti favorevoli su 421 presenti, 19 voti contrari) collegato al cosiddetto “Decreto Ucraina” che impegna il Governo ad avviare l’incremento delle spese per la Difesa verso il traguardo del 2 per cento del Prodotto lnterno Lordo. Insomma Salvini si arrampica tra nì e sì sulle armi.