L’adeguamento dei compensi per salvare le 26mila stalle da latte italiane. A fare la mossa che ha il significato di una riscossa e di un aiuto agli allevatori, è Granarolo che tramite la cooperativa Granlatte ha riconosciuto agli allevatori per i conferimenti un prezzo minimo alla stalla di 48 centesimi al litro, al quale aggiungere Iva e premio qualità. Una decisione che sblocca una trattativa finita in stallo da mesi.
“È una scelta responsabile che ci auguriamo venga seguita da tutti i grandi gruppi industriali e cooperativi per garantire la sopravvivenza dell’allevamento italiano.” Auspica il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nell’esprimere apprezzamento per la delibera adottata dal più grande gruppo cooperativo italiano aderente ad Filiera Italia.
Costi e rischi chiusura
Per l’effetto congiunto dell’aumento dei costi energetici e dei mangimi il settore dei bovini da latte ha subito incrementi di costi pari al 57%. “Secondo il Crea che evidenzia”, sottolinea Coldiretti, “il rischio concreto di chiusura per la maggioranza degli allevamenti italiani che si trovano costretti a lavorare con prezzi alla stalla al di sotto dei costi di produzione. Un rischio per l’economia, l’occupazione e l’ambiente ma anche per l’approvvigionamento alimentare del Paese in un settore in cui l’Italia”, precisa la Coldiretti – è dipendente dall’estero per il 16% del proprio fabbisogno”.
Compensi equi
L’adeguamento dei compensi, secondo i calcoli della Confederazione, è necessario per salvare le 26mila stalle da latte italiane sopravvissute che garantiscono una produzione di 12 milioni di tonnellate all’anno che alimenta una filiera lattiero-casearia nazionale. “Un settore produttivo che esprime un valore di oltre 16 miliardi di euro ed occupa oltre 100 mila persone con una ricaduta positiva in termini di reddito e coesione sociale” sostiene il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “la stabilità della rete zootecnica italiana ha un’importanza che non riguarda solo l’economia nazionale ma ha una rilevanza sociale e ambientale perché quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado dei territori soprattutto in zone svantaggiate”.