lunedì, 18 Novembre, 2024
Cronache marziane

Kurt e la stupidità delle istituzioni

Visto quello che ci è toccato leggere in questi giorni a proposito della suscettibilità del Dittatore di Mosca verso un qualunque Occidentale che osi rimproverargli i crimini compiuti nell’Ucraina invasa, ho smesso di affrontare l’argomento con il Marziano, dedicandomi a tutt’altro (senza però abbandonare la speranza che la Corte Penale Internazionale stia, nel frattempo, raccogliendo per davvero i materiali che, prima o poi, inchioderanno Putin alle proprie responsabilità).

Ma poiché i barbari e le loro malefatte non sono un segno distintivo dei soli nostri tempi, ma sono nati praticamente insieme all’uomo, il Marziano, sempre alla ricerca di scontri dialettici, mi ha messo sotto il naso una citazione tratta da Ennio Flaiano – al quale, come è noto,  lo stesso Kurt deve la propria esistenza letteraria – il cui contenuto vi riporto fedelmente: “Dopo la calata dei Goti, dei Visigoti, dei Vandali, degli Unni e dei Cimbri, la più rovinosa per l’Italia fu la calata dei Timbri. Invece di assediare le città e passarle, una volta occupate, a ferro e fuoco, essi usavano introdurvisi a piccole frotte: senza dar nell’occhio. E vi si stabilivano a spese della comunità, rendendo piccoli servigi inutili che col tempo venivano ritenuti indispensabili. portati per natura a discutere di ogni cosa e all’approfondimento implacabile e cavilloso delle più semplici leggi e costumanze, i timbri si trovarono ben presto a possedere le chiavi di tutto”.

Il Marziano mi ha quindi spiegato che, quello dei timbri, è un vizio tipico dei soli apparati al servizio delle istituzioni italiane: in altri Paesi sono un evento raro è tanto questo è vero che quando l’Unione europea ha domandato all’Italia di semplificare il rapporto fra utenti e amministrazioni pubbliche si riferiva essenzialmente alle peripezie cui si è sottoposti per ottenere un timbro.

Quello del timbro non è però un vizio che – secondo Lui – affligge le sole amministrazioni, ma pervade ogni manifestazione formale di qualunque pubblico potere: pensate alle difficoltà per ottenere il timbro su una sentenza perché possa diventare esecutiva, oppure al famoso “sigillo di Stato” senza cui nessuna legge può essere considerata Legge; o ancora ai timbri sul certificato di nascita e su quello di morte, a dimostrazione del fatto che – senza questi due  inutili adempimenti – né sembra potersi nascere, né tantomeno morire.

A quel punto ho creduto di avere scoperto che, in questa materia, l’Extraterrestre non era debitamente aggiornato, perché le pratiche amministrative si sbrigano ormai online e sono persino scomparse le code agli uffici postali, sicché la necessità dei timbri non e venuta meno soltanto per l’esercizio delle pubbliche funzioni, ma anche in materia di servizi pubblici.

Così ragionando, non avevo però fatto i conti con quello che tutti gli studiosi di Scienze amministrative considerano ormai l’erede legittimo del timbro: il modulo.

 Con i suoi campi predefiniti e obbligatori al punto da non consentire alcuno scostamento, la modulistica sia inserita nel rapporto fra apparato dello Stato e comune cittadino in forma ancor più pervasiva di quanto già non avvenisse nell’epoca d’oro dei timbri.

Provate a scaricare un modulo predisposto dall’Agenzia delle Entrate e capirete che cosa voglio dire!

Di fronte a simili argomentazioni non ho potuto che dar ragione a Kurt relativamente alle negative peculiarità del nostro sistema pubblico; Ma il Marziano – purtroppo – vuole sempre stravincere e anche stavolta ha avuto buon gioco, vista la obbiettiva stupidità della nostrana macchina dell’obbedienza.

Infatti –  chiudendo le pagine di Flaiano, vecchie di quasi settant’anni – il mio scomodo Interlocutore ha osservato, sorridendo: “effettivamente non si può non cogliere il valore dell’evoluzione dei timbri in moduli; i primi li domandavate voi al titolare di un ufficio, i secondi invece siete voi stessi a fornirli a quest’ultimo: un bel progresso, non c’è che dire!”.

Il richiamo a queste opposte caratteristiche del timbro rispetto al modulo può sembrare un inutile dettaglio, ma non lo è affatto: anzi è la prova del miracolo compiuto dalla Divinità che protegge i pubblici poteri nei confronti di chi rivendica la propria libertà; mentre quest’ultimo – nell’epoca dei timbri – doveva prima chiedere e poi attendere l’apposizione dell’agognato punzone – nell’epoca dei moduli – non deve chiedere alcunché, né tantomeno attendere qualcosa; perché è lui stesso a fabbricare la gabbia entro cui muoversi e se ci fosse un difetto di fabbricazione… sarebbe solo colpa sua.

“Ecco – ha concluso Kurt – questo è il progresso!”

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