lunedì, 31 Marzo, 2025
Manica Larga

Aiutare i rifugiati ucraini oggi e domani

Un noto programma televisivo ha lanciato di recente un appello per aiutare la popolazione ucraina in fuga dall’invasione russa. Molti di coloro che hanno aderito sono montati in auto formando un variopinto torpedone carico di speranza e calore umano. Cosa sono 1500 chilometri, chiede retorico uno di quegli automobilisti. Apparentemente poca cosa.

Quel reportage mi ha molto toccato perché se da un lato come si fa a non essere d’accordo con chi è mosso da pura generosità di fronte all’altrui sofferenza in una situazione di emergenza. Dall’altro però i conti di quel chilometraggio andrebbero aggiornati sotto un’altra chiave di lettura, quella del poi.

Quale futuro stiamo dando al popolo ucraino?

Quanto sta accadendo in Ucraina ha creato un enorme trauma in persone che, nel 2022 e nella migliore delle ipotesi si sono viste strappare di punto in bianco le proprie vite senza alcuna spiegazione plausibile né alcuna possibilità di ritorno. E questo ovviamente apre a una riflessione più ampia sul futuro di persone che non solo vanno accolte con tutto il calore possibile, ma che vanno sostenute attivamente nell’inserimento in un nuovo tessuto sociale.

La letteratura scientifica è ricca di studi in materia e in particolare sul ruolo e sull’impatto degli imprenditori immigrati. In buona sostanza, gli studiosi ci dicono che affinché un imprenditore immigrato abbia successo ha bisogno della coesistenza di due ingredienti chiave: il primo è il capitale sociale, ovvero la propria rete di relazioni; il secondo, è dato dalle competenze tecniche e cognitive, ovvero sarà questo futuro imprenditore in grado di sviluppare un progetto che sia in linea con le richieste del contesto in cui vive?

Ridefinire le politiche attive del lavoro

Non si tratta di considerazioni secondarie perché fanno tutta la differenza tra integrazione ed emarginazione, vale a dire lo stato di salute futuro di intere società. A questo proposito alcuni economisti hanno concluso che per evitare fallimenti è necessario mettere gli imprenditori immigrati nelle migliori condizioni per sintonizzarsi sulle frequenze dei paesi ospitanti. In altri termini questo significa aiutare i rifugiati ad assimilare un nuovo set di saperi per adattarsi al meglio.

Si tratta di una sfida complessa. Per intenderci, mentre per le nuove generazioni sarà in teoria più semplice inserirsi, in special modo se parliamo di neonati che si troveranno gioco forza avvantaggiati nell’assimilare il nuovo ambiente da zero, lo stesso non può dirsi per gli anziani. In mezzo ci sono tutte le altre possibili variazioni sul tema che passano necessariamente da una riconsiderazione delle politiche attive del lavoro, a partire dagli interventi di formazione necessari a sostenere un passaggio molto delicato. E questo fa più che 1500 chilometri.

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