La guerra in corso in Ucraina e le sanzioni alla Russia porteranno conseguenze economiche pesantissime alle imprese italiane dei settori trainanti: in particolare alimentari, meccanica, tecnologia, abbigliamento e lusso, non solo per i grandi gruppi ma anche per le Pmi che producono o che operano direttamente per aziende in Russia. Secondo i recenti dati di Confindustria, dell’Istat, di Ice e di Unimpresa, la crisi in Ucraina si farà sentire sulle imprese italiane per decine di miliardi di euro di fatturato.
La minaccia per la nostra economia arriva, oltre che dal blocco dell’import-export, dalle fiammate dell’inflazione e dalle maggiorazioni dei costi energetici, con effetti a medio e lungo termine, a prescindere dalla durata del conflitto stesso. I fondi del Pnrr vanno destinati perciò immediatamente anche ad arginare le conseguenze dell’emergenza-guerra, soprattutto in previsione del possibile rialzo dei tassi d’interesse e del costo del denaro per le imprese.
L’Ice ha stimato recentemente in 20 miliardi di euro il volume di interscambi commerciali tra Russia e Italia nei primi 11 mesi del 2021, 7 miliardi di esportazioni e 12,6 miliardi di importazioni con in prima fila nell’export dei settori dell’abbigliamento, dei prodotti chimici e dei macchinari e apparecchiature tecnologiche, mentre l’import è monopolizzato dai prodotti delle miniere e delle cave, da coke e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio, e dai prodotti della metallurgia. Ma sarà pesantissimo anche il danno derivante dall’interruzione dei traffici commerciali con l’Ucraina stimati in due miliardi di euro di esportazioni l’anno e 2,9 miliardi di importazioni. In previsione della perdita stimata di almeno un punto di Pil nell’anno in corso, il governo Draghi deve assolutamente varare un pacchetto ‘guerra’ a beneficio delle imprese italiane in grado di fronteggiare l’emergenza produttiva, pari, nelle sue conseguenze, a quella sociale.