Le armi parlano da 12 giorni e uccidono. Le diplomazie parlano ad un ritmo crescente ma senza risultati. Il gigante cinese se la prende con calma. Il tempo gioca a suo favore. La guerra indebolisce sia la Russia, sia l’Ucraina e ha dei costi pesanti anche per l’Occidente. Il Dragone sta in riva al fiume, attende il momento giusto per far sentire la sua voce. Quando? Quando la stanchezza comincerà a farsi sentire tra i vari attori in campo, vittime, carnefici e sanzionatori con le mani legate sul piano militare.
Per Pechino questa è l’inatteso momento storico in cui può diventare artefice di una trattativa che nessun altro Paese è in grado di gestire.
Oltre a ritagliarsi un ruolo di primo attore mondiale, Xi vuol mettere sul piatto anche altro. Se deve togliere qualche castagna dal fuoco agli americani si aspetta segnali di ammorbidimento da Biden. Non solo su Taiwan ma sugli equilibri geopolitici nell’indo-pacifico oggetto del recente accordo AUkUs. L’amicizia tra Pechino e Mosca, sarà pure di pietra, come dicono ufficialmente ma i dirigenti cinesi non vogliono essere trascinati in una corsa al riarmo. La loro strategia di espansione è economica e non militare. Si basa sul softpower, non sui mercenari e i carri armati. E guarda lontano. A differenza della miopia degli altri attori mondiali.
Putin vuole la resa incondizionata dell’Ucraina e non dà segni di ravvedimento. Gli Stati Uniti e l’Europa, insieme nella Nato, e uniti più che mai sono definiti “ostili” del capo del Cremlino per via delle sanzioni. Altre sono in arrivo annuncia von der Leyen. Non c’è comunicazione tra l’orso russo e l’Occidente svegliato da un sonno durato troppo a lungo.
Erdogan è un abile funambolo tra la Nato di cui fa parte, Mosca da cui compra armi sofisticate e Kiev cui ha fornito modernissimi droni. Non vuole rompere con nessuno ma teme che il conflitto possa sfuggire di mano e disturbare la quiete euroasiatica che Ankara ha conquistato con abilità e cinismo.
Israele pratica una realpolitik obbligata. Legata a filo doppio con gli Usa, Tel Aviv vuol tenere buoni rapporti con la Russia che gli sta alle costole in Siria, con basi navali e l’ombrello protettivo su Bashar al Assad. Putin è anche amico degli ayatollah che costituiscono la più grave minaccia per lo stato ebraico.
Macron a un mese dalle elezioni continua a tenere un filo di dialogo con Putin, ma senza apprezzabili risultati.
La Germania colta impreparata dal conflitto si muove con prudenza. Il suo riarmo richiede tempo.
L’Italia che Putin pensava di utilizzare come strumento per ammorbidire Biden non ha carte particolari da giocare. Se non la passione degli oligarchi per le vacanze in Sardegna cui potrebbero essere costretti a rinunciare. A cominciare da Alisher Usmanov apprezzato amico della Costa Smeralda, Lui è l’oligarca più autorevole. E Putin dati i loro forti legami, quasi familiari, potrebbe dargli ascolto.