Putin semina il terrore sulle città ucraine, fa arrestare anche i bambini che depongono fiori all’ambasciata di Kiev a Mosca, ha imprigionato 7000 manifestanti. Ma non ha spento l’ondata di protesta che si leva da ampi settori della società civile russa.
Chissà se nella bolla in cui si è chiuso il dittatore russo riesce a sentire quello che una parte crescente del suo popolo gli manda a dire. Un tempo il vecchio KGB misurava attentamente la febbre della società e riferiva al Politburo. I nuovi servizi segreti hanno ancora il coraggio di raccontare a Putin la verità sul suo popolo?
Oggi si è levatoi un netto dissenso anche all’interno della chiesa russa ortodossa, legata a filo doppio con il Cremlino. 233 preti e diaconi russi ortodossi definiscono “fratricida” questa guerra con “i fratelli ucraini immeritatamente sottoposti ad un calvario terribile”. Un segnale forte che potrebbe mettere a rischio il prestigio del Patriarca moscovita Kirill sulla sua chiesa presente in Ucraina che rappresenta da sola il 35% del patriarcato. Peraltro la metà dei preti ortodossi in Russia è costituita da ucraini.
Dal carcere fa sentire la sua voce il dissidente Navalny: i servizi segreti russi non riuscirono ad ucciderlo col veleno e Putin lo ha fatto arrestare. Ma l’oppositore numero uno del dittatore russo non demorde e invita i russi a manifestare tutti i giorni con lo slogan: la Russia non è Putin.
I dittatori considerano sempre il fronte interno il meno preoccupante perché pensano che l’uso spietato della forza sia imbattibile. Lo pensavano anche lo zar, anche Ceausescu e anche il fantoccio di Mosca a Kiev Yanukovi. Putin è in buona compagnia.