Una insegnante sospesa per un giorno per aver denunciato alle forze dell’ordine i maltrattamenti in famiglia subiti da un’alunna.
È accaduto in una scuola elementare nel Pavese.
La maestra aveva segnalato tutto alla dirigente scolastica senza ottenere riscontro.
Di qui la decisione di rivolgersi alle forze dell’ordine ed alla magistratura.
Secondo la preside l’insegnante avrebbe violato il segreto d’ufficio, oltre a tenere una condotta non conforme alle responsabilità e ai doveri inerenti il suo ruolo, causando, di fatto, un danno d’immagine all’istituto.
La vicenda è finita in tribunale.
Ne abbiamo parlato con il coordinatore nazionale del Sindacato Gilda Insegnanti, Rino Di Meglio.
Professore, come è possibile che accada una cosa del genere? Viene quasi agevolata l’omertà?
“Sono d’accordo con lei. Purtroppo questi casi sono in crescita. Nel senso che si sente sempre più spesso parlare di alcuni dirigenti scolastici che abusano del potere disciplinare messo a loro disposizione. L’anno scorso i giornali si sono occupati di un insegnante, vittima di bullismo, minacciato di sanzione dal preside. Quando, poi, sono intervenuti i mass media è stata subito trovata la soluzione. Ma non si può sempre agire così”.
Quali sono i doveri di un insegnante nella eventualità in cui un alunno sia vittima di maltrattamenti in famiglia?
“L’insegnante, come qualsiasi altro cittadino che venga a conoscenza di maltrattamenti a carico di minori, non ha altra scelta che quella di riferire il fatto alle autorità competenti. Nel caso del docente, che è pubblico ufficiale, vi è un vero e proprio dovere giuridico di denuncia. Ciò vale, a maggior ragione, per il dirigente scolastico. In questo caso possiamo dire che l’intensità del dovere è ancora più forte e penetrante”.
Quali strumenti si possono utilizzare per evitare che un episodio del genere si ripeta?
“Bisogna adottare misure che impediscano l’abuso di provvedimenti disciplinari da parte dei dirigenti scolastici. Per essere più chiari, è necessario inserire un livello di controllo sull’operato dei presidi che, allo stato, non c’è. Come tutti sanno, oggi non è più possibile presentare ricorso gerarchico, in quanto è stato eliminato con la scusa dell’autonomia scolastica. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti”.
In che senso?
“L’insegnante si vede costretto a ricorrere alla magistratura con un aggravio di spese non indifferente, a fronte di uno stipendio con cui, tra mille difficoltà, riesce ad andare avanti. In queste condizioni molti subiscono in silenzio e non denunciano. Questa è una follia. È stato fatto un pasticcio normativo al quale bisogna ovviare: serve un organismo di controllo e di conciliazione. Solo così si possono fermare abusi ed arbitrii”.