La guerra in Ucraina ha sconvolto l’opinione pubblica mondiale e acuito i timori sui mercati finanziari.
Nel brevissimo periodo la volatilità sui mercati finanziari è, e probabilmente sarà, molto elevata. Durerà giorni, settimane, mesi?
Guardando alle chiusure delle Borse di venerdì scorso, con quelle europee che hanno registrato un rimbalzo di oltre il 3% , gli operatori hanno scommesso che guerra e sanzioni colpiranno l’economia europea e statunitense quel tanto che basta per non farsi troppo male e, di pari passo, che le Banche centrali si facciano indietro sul rialzo dei tassi per far fronte a questa situazione.
In questo contesto la razionalità è la più grande alleata nelle scelte d’investimento. Un consiglio che gli studiosi non disdegnano mai, ed è ancor più valido in questo contesto, è quello di non esporsi troppo su determinate aree geografiche o settori, e di fare scelte prendendo in considerazione un più lungo periodo.
La lunga storia delle Borse in…guerra
Ma cosa è successo sui mercati finanziari nel corso dell’ultimo secolo durante i devastanti conflitti che lo hanno segnato? E’ chiaro che ogni conflitto è un unicum, come lo sono le condizioni che lo delineano: dai Paesi coinvolti, al numero dei combattimenti, alla durata, alla localizzazione geografica, all’inflazione. E si potrebbe continuare.
Un interessante articolo del Sole 24 Ore di Vittorio Carlini ricorda che Il Dow Jones, durante la Prima guerra mondiale, era salito. La stessa dinamica al rialzo la si riscontra, poi, nel secondo conflitto mondiale: tra il primo settembre del 1939 (invasione della Polonia da parte dei nazisti) e l’8 maggio 1945 (resa della Germania agli alleati) l’indice Usa ha guadagnato circa il 23 per cento. Un trend replicato anche nell’arco di tempo in cui l’America è stata direttamente coinvolta nella guerra. A ben vedere, risalendo verso i giorni nostri, il consuntivo positivo del Dow Jones con l’”elmetto” non è raro. Lo si ritrova nella guerra di Corea e nello stesso conflitto in Vietnam. Più contenuto, invece, il ritorno del paniere azionario durante le due Guerre del golfo.
Per i mercati europei, “geograficamente” coinvolti nei due conflitti mondiali, non è andata molto diversamente. La guerra dei Balcani, svoltasi tra il ’92 e il ’95, ha penalizzato i mercati europei che, però, si sono ripresi subito dopo gli scontri. Stessa cosa durante la guerra del Golfo (’91-’93), quella in Afghanistan (2001) e la guerra in Libia (2011): prima dello scoppio del conflitto e nelle fasi iniziali i mercati hanno subito bruschi cali, ma dopo hanno invertito la tendenza e consolidato performance anche del 7/8% annuo.
L’Orizzonte Temporale, il Comandante in capo
Come sappiamo, l’arco temporale considerato determina perdite e guadagni. Rispetto, ad esempio, alla guerra in Vietnam gli storici ricordano che è difficile individuare una data precisa dell’avvio dei combattimenti e per questo il Sole 24 Ore ha preso, come giorno di riferimento, il 4 agosto 1964, giorno in cui avvenne l’incidente nel Golfo del Tonchino. Una data che, in effetti, può essere “storicamente” criticata. Ciò detto, però, da una parte l’analisi richiede di individuare un lasso di tempo con un inizio e una fine. E, dall’altra, l’andamento dei dati riscontrato dal Sole 24 Ore è comunque confermato da numerosi studi. Per quale motivo? Come ricorda Larry Neal, Professore emerito di economia presso l’università dell’Illinois, benchè “gli effetti della guerra variano da listino a listino”, “l’espansione del debito pubblico, dovuto all’incremento della spesa del Governo a sostegno dell’impegno bellico, fa aumentare la quantità dei titoli scambiabili”.
La verità non è di certo che i mercati amino o caldeggino la guerra; in realtà non sopportano l’incertezza. Ecco perché spesso, in passato, la volatilità ed i ribassi sono aumentati subito prima dei conflitti, per poi diminuire e anzi migliorare nel durante. Nessuna analisi può essere di certo predittiva, ma la storia è uno strumento in più per analizzare una realtà senza dubbio complessa e mutevole come quella che ci circonda.