Onorevole Gerardo Bianco Lei è stato un protagonista della democrazia parlamentare. Ne parla con affetto e con impegno. Perché è così importante la centralità del Parlamento nella nostra democrazia?
Sì, proprio così. Prima di qualsiasi altro ruolo, che pure ho ricoperto, è la vita Parlamentare ad avermi affascinato. È in quei confronti e dibattiti che si snoda la politica e si costruisce la storia del Paese. Suggerirei, appunto, agli storici, di verificare sempre sugli atti parlamentari lo svolgimento e la ricostruzione degli eventi che essi studiano. Per quanto riguarda l’Italia del dopoguerra, ci sarebbe ritengo molto da riscrivere in base ai resoconti parlamentari. La Costituzione italiana, colloca il Parlamento al centro del sistema istituzionale, ed è fondamentale per la democrazia, tentare la massima trasparenza e garanzia per avere presidio, invece sempre di più il potere viene rappresentato da populisti che generano pericolose sfide tra piazza e palazzo, con uno scivolamento inevitabile verso il plebeismo e, quindi, verso l’autoritarismo.
Lei è un politico ed un intellettuale capace di avere una visione del futuro. Può dirci le scelte virtuose che il Paese deve compiere?
È molto generosa ad attribuirmi queste qualità. Sono conscio dei miei limiti. Personalmente mi sono sempre sentito un semplice “operaio della vigna”. Mi riconosco solo la passione politica. Appartengo all’altro secolo. Ho vissuto la tragedia della guerra, ho visto la rinascita del Paese, e ritengo che essa sia stata possibile in breve tempo, soprattutto per le virtù morali del nostro popolo, per quel sentimento di sacrificio e del lavoro che mirava al riscatto, che ha animato la nostra gente. Non si vive di solo pane, è un insegnamento evangelico che non andrebbe mai dimenticato. La società, non può basarsi solo sull’ incremento della ricchezza e sul benessere materiale. Si fallisce se l’anima è disarmata. L’anima si riarma con la cultura, con la scuola, con la consapevolezza della propria storia, con la fede in principi e valori umani che la tradizione cristiana ha diffuso in Italia e nel mondo.
Quali limiti e potenzialità esprime la politica di oggi?
La perdita del senso di responsabilità è il male profondo di una società, che non sa trovare uno scopo alto di umanità da conseguire. Senza un rovesciamento dell’individualismo egoistico che prevede le società opulente tra le quali la nostra, non sarà possibile, affrontare la grande sfida del nostro tempo, una fra tutte; la tutela del pianeta. Occorre ripensare, riformulare, fondamenti e principi che regolano la nostra società a cominciare dall’economia e dalle presunte leggi che la regolano allo Stato, in contraddizione con il rispetto della natura. Come conciliare per esempio, l’aumento del PIL e dei consumi con le limitate risorse della terra? E l’elenco potrebbe continuare oggi?
La politica oggi va ripensata nei fondamenti, il valore nei comportamenti umani è determinante e richiede quindi una rifondazione etica.
Come esponente della ex Dc pensa che questa esperienza politica così importante per la Nazione sia finita, oppure può risorgere e imporsi in altro modo, ad esempio in una prospettiva cattolica liberale, o cattolica riformista. In altri versi i valori della ex Dc possono essere ripresi e riportati ad avere un protagonismo politico perché essi vivono nella società italiana?
Non si torna indietro dopo il suicidio, ma resta viva una storia non ancora ben esplorata e compresa, soprattutto permane un capitale prezioso di cultura e prassi politica che ancora può ispirare, come in parte sta già avvenendo, l’azione politica. Non escludo, che possa rifiorire un movimento politico con una robusta ispirazione umanistica di timbro Cristiano. Per ora, bisogna interloquire, seminare, e, soprattutto, partecipare ne modi possibili alla vita pubblica, e quindi, vincere l’indifferenza, l’astensionismo, sintomi di una società sfiduciata che sono il contrario della speranza cristiana.
Crede sia possibile dare forma e sostanza ad un progetto Centrista, di cui tanto si parla oggi? Quanto peserebbe nel Paese una formazione centrista?
In un sistema pluralistico complesso, l’equilibrio delle scelte per mirare all’equità, non può che realizzarsi al Centro. Ora il Centro, come punto di incontro, non è il centrismo, ma, esso è la risultante di indirizzi politici diversi, che si raccordano per il Governo del Paese. Ciò, era l’ispirazione della Democrazia Cristiana, che affondava le la radici nella cultura dei cattolici democratici, e nella tradizione politica del popolarismo. Con questa finalità era nato l’ulivo originario che non cancellava le storie politiche e culturali diverse, ma, mirava a stimolare la evoluzione dei partiti non sulla base di una politologia schematica, cieca alla storia ed al valore delle identità delle forze politiche, come purtroppo è avvenuto!
Che ci sia un’iniziativa rivolta alla ri-creazione di un Centro è comprensibile. Perché esiste un vuoto ma, ciò non basta, e un partito che possa essere vivo deve avere delle fondamenta, una cultura, una traccia politica coerente e questo non c’è. Ma c’è solo assemblamento di aspiranti leader!
Lei ha dato giudizi personali ed istituzionali positivi rivolti al presidente Sergio Mattarella. È una testimonianza non solo di affetto ma di partecipazione e rispetto istituzionale. Cosa auspica lei per il secondo settennato del presidente della repubblica Sergio Mattarella?
La vicenda presidenziale di Sergio Mattarella dimostra quanto la buona politica possa essere amata dai cittadini. L’unanimità dei consensi intorno al Presidente, in ogni parte d’Italia è il riconoscimento di un’opera presidenziale svolta con grande saggezza, incisività e lungimiranza. Nel discorso del secondo mandato il presidente Mattarella, ha più volte ripetuto la parola decisiva: dignità. In quel termine, è condensata un’intera filosofia di pensiero occidentale che ha avuto profonda rielaborazione nel filone sul personaliamo Cristiano e dell’ umanesimo integrale. Il Presidente Mattarella ha indicato il percorso da seguire, ed è quello della virtù, della responsabilità, della misura, del civismo, e della cultura che non è quella della volatile comunicazione di internet che contrappone gli interessi degli uni a quelli degli altri bensì, del serio impegno nello studio e nella meditazione comune.