Colpito dalla eco mediatica di questi giorni, Kurt il Marziano mi ha domandato di raccontargli cosa effettivamente accadde trent’anni fa In Italia, quando finì la prima Repubblica sotto il maglio di inchieste giudiziarie la cui contemporaneità avrebbe dovuto destare più di un sospetto in ordine ai metodi utilizzati e agli obiettivi da perseguire.
Ecco dunque il mio racconto e la mia visione di quel poco luminoso evento.
La pubblicistica corrente fa risalire l’origine della vicenda, che portò a a centinaia di arresti fra politici e imprenditori, nella trappola tesa dai segugi di Antonio Di Pietro all’Amministratore del Pio Albergo Trivulzio: Il che permise di radicare l’intero blocco delle successive indagini sulla Procura di Milano, per la soddisfazione di qualche noto avvocato locale e con quello che ne seguì.
In realtà, però, l’intenzione di provvedere, con strumenti giudiziari, all’eliminazione di una classe politica democraticamente eletta nasce ben prima di quella data e si sviluppa lungo il consueto schema secondo cui alcuni giudici, in compagnia di ufficiali di polizia giudiziaria e di giornalisti, decidono di individuare un primo episodio alla luce del quale pianificare indagini a tappeto nel corso delle quali la stampa farà da grancassa senza andare troppo per il sottile nella separazione dei colpevoli dagli innocenti.
Quel che doveva infatti impressionare – come effettivamente impressionò – l’opinione pubblica avrebbe dovuto essere l’esposizione ad una gogna mediatica di fronte alla quale ogni lettore (al momento di divenire elettore) non avrebbe potuto che prendere atto dell’imperante malaffare che affliggeva la classe politica e che portava i partiti al potere a depredare innanzitutto le imprese pubbliche ai cui vertici avevano posto manager scelti secondo le rigide regole dell’obbedienza dovuta dai nominati.
Prima conseguenza di questo disvelamento avrebbe dovuto essere quella di un ricambio della classe politica e quindi l’avvicendamento al governo del Paese di forze politiche che, fino a quel momento, erano rimaste confinate all’opposizione.
Non la moralizzazione della politica era dunque il fine dell’uso della potestà punitiva dello Stato, quanto piuttosto Il ricambio nel governo della cosa pubblica con mezzi diversi dalle libere elezioni
I cronisti e gli storiografi che si sono occupati di “Mani Pulite” hanno tutti respinto come semplicistica questa ricostruzione, anche perché è fin troppo noto che l’esito di quel ”alzamiento” giudiziario fu completamente diverso da quello auspicato dai suoi promotori, mentre questi ultimi si arrampicavano sugli specchi per dimostrare come l’accaduto fosse semplicemente il frutto dell’obbligatorietà dell’azione penale, senza che vi fosse dietro alcun disegno, anche velatamente politico.
Il tempo è però galantuomo e le ricostruzioni storiche hanno sempre dato un certo valore alle coincidenze, per cui oggi sono sempre di meno coloro che respingono l’idea di una Tangentopoli celebrata al solo doveroso fine di veder trionfare la giustizia sul malaffare.
La magistratura, a sua volta, non è riuscita a nascondere il proprio essere un sistema di potere entro il quale viene premiata l’ubbidienza e colpita la disubbidienza, esattamente come avveniva trent’anni fa nel sistema dei partiti cancellati ammanettandone i Leader.
Con il senno di poi si può dunque affermare che l’onda giustizialista innalzata per rinnovare la politica ha sostanzialmente fallito il proprio obiettivo ed ha avuto come principale conseguenza il precipitoso rinnovarsi di una classe dirigente priva dell’abilità e dell’esperienza che aveva caratterizzato quella insediatasi nel dopoguerra e spazzata via nei modi appena descritti.
Le conseguenze? Alla ricostruzione e al boom economico (che conferirono agli italiani un periodo di benessere che difficilmente si potrà ripetere in un prossimo futuro) dei primi quarant’anni di vigenza della Costituzione repubblicana, ha fatto seguito un trentennio che tutti vorremmo dimenticare e vorremmo farlo anche al netto del Covid: a titolo esemplificativo ricorderò che l’IRI è finita, ma non le partecipazioni pubbliche governate sempre più disordinatamente.
Il sistema elettorale degli ultimi decenni ha subito modifiche che non hanno soddisfatto praticamente nessuno e i nomi latineggianti con con cui vengono indicate è talmente significativo che non serve neanche richiamarle.
Il Parlamento non ha trovato nulla di meglio da fare che ridurre il numero dei propri componenti in nome del contenimento della spesa pubblica
I vizi dell’amministrazione italiana continuano a mostrarsi in tutta la loro gravità, nonostante i programmi del governo di turno a proposito della loro cancellazione e trasformazione in progressivo efficientamento .
Dei magistrati simbolo di “Mani Pulite” gli unici tuttora rimpianti sono quelli passati a miglior vita.
Debbo aggiungere altro, caro Kurt, per stimolare le tue riflessioni sul reale valore di un simile anniversario?