E’ stata presentata oggi la Carta per l’integrazione dei rifugiati, redatta e sottoscritta da sei città italiane (Milano, Bari, Napoli, Palermo, Roma e Torino) ed elaborata insieme a UNHCR, Agenzia ONU per i rifugiati. Il documento mira a potenziare la collaborazione fra le città sull’integrazione delle persone titolari di protezione internazionale, favorendo lo scambio di pratiche, esperienze, strumenti e sviluppando i servizi già disponibili sui territori.
I comuni sono in prima linea nell’accoglienza e nell’integrazione dei rifugiati. Garantendo l’accesso ai servizi locali, all’istruzione e alle opportunità di lavoro, favoriscono la piena inclusione sociale, gettando le basi per la costruzione di un futuro migliore per i rifugiati. Sono agenti cruciali, incubatori di innovazione e buone pratiche a sostegno dell’integrazione e, come tali, partner chiave dell’UNHCR. Con l’adozione della Carta attraverso una delibera delle rispettive Giunte comunali, le sei città si impegnano a fare la differenza nell’integrazione sociale, culturale ed economica delle persone rifugiate nella società italiana. Insieme alle altre istituzioni nazionali e locali, al Terzo settore e alla società civile, i comuni aderenti vogliono sostenere politiche e programmi concreti che valorizzino il contributo positivo dei rifugiati, come risultato di un processo dinamico fondato sulla partecipazione.
Tra le azioni prioritarie, la Carta per l’integrazione identifica lo sviluppo di “spazi comuni”, centri polifunzionali, dove, adottando un approccio One-Stop-Shop, si possano concentrare i servizi fondamentali per l’integrazione delle persone rifugiate, come il rapido accesso ai documenti essenziali e ai percorsi di accompagnamento individualizzato alla casa e al lavoro. A Milano questo spazio è già realtà in via Don Carlo San Martino 10, il punto di accesso unico ai servizi dedicati a tutti gli stranieri, rifugiati e non, che arrivano in città e desiderano rimanere. Inoltre, la Carta impegna i comuni aderenti a partecipare al rafforzamento del sistema nazionale di accoglienza, preferendo l’accoglienza diffusa in piccoli nuclei e promuovendo quella in famiglia. Il documento menziona anche la tutela della salute, con particolare riferimento a quella mentale. Essenziale risulta il coinvolgimento delle persone rifugiate con il sostegno a programmi di volontariato, mentoring e di inclusione mediante l’istruzione, lo sport, la cultura, la cucina e altre forme di partecipazione.
“Milano – spiega l’assessore al Welfare e Salute del Comune di Milano Lamberto Bertolé – conferma la sua solida tradizione di accoglienza e solidarietà e, in un’epoca caratterizzata da grande instabilità geopolitica, non ha fatto mancare il suo contributo:
sono oltre 500, infatti, i posti che il Comune mette a disposizione nel sistema SAI per i rifugiati. E’ stata tra le prime città a inaugurare un punto unico di accesso ai servizi e alle informazioni utili agli stranieri, rifugiati o meno, che scelgono di stabilirsi qui e, superando la logica delle iniziative settoriali per l’integrazione, sta lavorando per offrire servizi trasversali e integrati per tutti i nuovi arrivati.
Percorsi su cui è utile confrontarsi in maniera sistematica con le altre amministrazioni locali, per scambiare buone pratiche e adottare approcci sempre più uniformi. Il documento che presentiamo oggi rappresenta un ulteriore passo sulla strada di una collaborazione proficua e virtuosa”. “Per UNHCR la Carta per l’Integrazione rappresenta un ottimo punto di partenza nel lavoro con i Comuni per lo sviluppo di una visione innovativa sull’integrazione dei rifugiati in Italia e in Europa – dichiara Chiara Cardoletti, Rappresentante UNHCR per l’Italia, la Santa Sede e San Marino -.
I Comuni hanno un ruolo imprescindibile nei processi di integrazione dei rifugiati, negli ultimi anni hanno sviluppato molte esperienze positive in sinergia con le altre istituzioni, la società civile e il settore privato. Siamo quindi lieti di continuare a collaborare con il gruppo di lavoro delle città e di portare avanti un percorso operativo che abbia un impatto concreto sulla vita delle persone rifugiate e sulle comunità che le accolgono”.