mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Politica

Il governo fra i marosi del protagonismo

Forse ha ragione Prodi quando sostiene che le polemiche all’interno della maggioranza gli rammentano l’infelice esperienza dei suoi due governi affossati dai protagonismi interni, prima che dall’offensiva delle opposizioni.

Anche all’allora, come oggi, la nuova sinistra, quella dei Cinque Stelle è alla testa delle manovre per la promozione di politiche che colpiscano e terrorizzino i ceti medi; anche oggi si impugna a due mani lo spadone della minaccia fiscale e ci si perde dietro ubbie maximaliste, come sta avvenendo nella gestione schizzofrenica del rapporto con la proprietà dell’ex Ilva di Taranto.

Rispetto a quei tempi c’è però una differenza di sostanza: i poteri dell’Unione Europea sono diventati più penetranti e non è sufficiente che il Ministro competente sostenga, sempre parlando delle acciaierie, che occorrerà comunque garantire la produzione, non si capisce con quali strumenti e con quanta compatibilità con le norme sugli aiuti di stato.

E sempre in parallelo ai tempi di Prodi anche ora grava sul governo il condizionamento degli aspiranti alla successione; oggi sono in due più uno a soffrire per la sindrome di carenza di Palazzo Chigi: da Renzi che non ha ancora maturato la sofferenza psicologica per le sue forzate dimissioni dall’incarico presidenziale, tanto da aprire le ostilità sia verso chi lo aveva preceduto sia nei confronti di chi vi era succeduto, a Di Maio che si ritiene ingiustamente escluso da Palazzo Chigi e a Salvini la cui opposizione si alimenta nella ferita bruciante della crisi da lui provocata e che lo ha travolto.

La politica è però per quanto cerchi di non apparire tale, una cosa molto seria e a Bruxelles già cominciano a dubitare sugli impegni di un governo nel quale, a distanza di poche ore dalla sua approvazione, già si contesta il testo della manovra finanziaria e ci si arrocca, vedi i M5S, su esigenze costose pur di far sventolare la bandierina dell’appartenenza.

Se le cose continuassero così il Pd, per quanto confuso e sofferente, non avrebbe altra scelta che recidere la gomena che lo lega ad una compagine così sconquassata, nonostante gli sforzi del suo Presidente del Consiglio.

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