Sono le donne a conseguire le migliori performance negli studi universitari ma questo non le mette al riparo dal gender gap una volta entrate nel mondo del lavoro. Ad affermarlo è il primo Rapporto tematico di genere “Laureate e laureati: scelte, esperienze e realizzazioni professionali” realizzato da AlmaLaurea. “Il rapporto conferma il primato delle laureate nella formazione e al contempo la loro mortificazione nella condizione occupazionale – ha affermato Ivano Dionigi, Presidente del Consorzio Interuniversitario pubblico di Bologna -. Questa contraddizione, che testimonia una cultura arretrata della società, priva le donne di un loro diritto e il Paese di quel che di più specifico esse possono apportare. Politica, impresa e università hanno il dovere di invertire questa rotta e colmare questo divario”.
La pandemia ha ampliato il divario
Nonostante alcuni primati rosa nel percorso accademico (concludono gli studi in corso il 60,2% delle donne, rispetto al 55,7% degli uomini; il voto medio di laurea è, rispettivamente, 103,9 e 102,1/110) il tasso di occupazione continua a registrare percentuali a vantaggio degli uomini, sia per quanto riguarda l’inserimento nel mercato del lavoro sia la velocità con cui avviene sia la valorizzazione professionale. Tra i laureati di primo livello a cinque anni dal titolo, la ricaduta occupazionale è pari all’86,0% per le donne e al 92,4% per gli uomini; tra quelli di secondo livello è pari rispettivamente a 85,2% e 91,2%. La pandemia da Covid-19 ha poi tendenzialmente ampliato i differenziali di genere, registrando una generale contrazione della richiesta dei CV al femminile nella prima metà del 2020, quella del lockdown. Anche la ripresa del mercato del lavoro ha interessato in misura maggiore i profili professionali prevalentemente maschili.
Retribuiti meglio e con maggiori garanzie contrattuali
In presenza di figli il differenziale di genere si amplifica ulteriormente. Gli uomini, inoltre, risultano avvantaggiati anche rispetto ad alcune caratteristiche del lavoro svolgendo in maggior misura un lavoro autonomo o alle dipendenze con un contratto a tempo indeterminato. Le donne, invece, lavorano in misura relativamente maggiore con contratti non standard. Nel mercato del lavoro in ambito STEM (science, technology, engineering, mathematics) le donne che scelgono questi corsi di laurea risultano discriminate in termini occupazionali e retributivi. Sul versante retributivo si conferma il vantaggio a favore degli uomini. In particolare, a cinque anni dalla laurea, gli uomini percepiscono, in media, circa il 20% in più. A cinque anni dalla laurea, poi, sono soprattutto gli uomini a occupare professioni di alto livello, ossia di tipo imprenditoriale o dirigenziale e a elevata specializzazione.
Il Pil migliora con le donne al lavoro
“Le donne ricercano lavori più motivanti, socialmente e culturalmente, lavori che le rendano più autonome – ha sottolineato Dionigi – mentre gli uomini ricercano posizioni più votate alla carriera e al guadagno. Ci sono indagini che dimostrano che laddove la donna ricopre posizioni apicali ne guadagna il Pil. Quindi arrivare a un risultato di parità non è solo una questione di giustizia ma una questione di interesse del Paese”.