“Si comincia a evidenziare una situazione di minor pressione sugli ospedali, nei pronto soccorso, nei reparti:
segno che si potrà tornare a una situazione di ‘normalità’. Ma il disagio, negli ospedali e sul territorio, è ancora altissimo: continuiamo a registrare una situazione di grande, grande grande difficoltà”.
Così il presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, Filippo Anelli, intervistato da Tgcom24. “È in corso un esodo biblico, e i protagonisti sono i medici. Nonostante le 30mila assunzioni straordinarie di personale sanitario, per i medici ospedalieri e del territorio la situazione è difficile. Già anni fa – ha aggiunto – avevamo preannunciato 50mila medici in meno negli ospedali per il 2025, 30mila in meno sul territorio. Oggi, proprio sul territorio, già molti cittadini sono senza medico di famiglia, e le postazioni di guardia medica e turistica sono sguarnite di personale. Mentre solo il 28,4% dei medici ospedalieri vorrebbe rimanere come dipendente nel Ssn, il resto vuole lasciare o andare all’estero”.
Poi cita una recentissima indagine della Cimo nazionale, condotta su 4258 medici ospedalieri: drammatici, in particolare, i dati del Veneto, dove solo l’11,4% degli intervistati, potendo scegliere, continuerebbe a lavorare in un ospedale pubblico.
Stesso discorso sul territorio, dove i medici di famiglia in maniera sempre più numerosa lasciano anche in anticipo rispetto all’età pensionabile. “Interessante come, proprio mentre i medici ospedalieri voglio fuggire dalla dipendenza, si voglia estendere questa forma contrattuale anche ai medici di medicina generale – commenta ora Anelli -. Il sospetto è che si voglia, con una studiata demagogia, spostare il dibattito sulla forma giuridica, per non guardare come deve davvero cambiare il lavoro, sia negli ospedali che sul territorio. I medici però non ci stanno: e dicono basta. Basta a un sistema che affossa i medici con tutto un carico di lavoro improprio che deriva da un’organizzazione che ha fatto il suo tempo. A pagare il prezzo più alto sono i pazienti: i più recenti dati Istat mostrano che nel 2021 ci sono stati 60mila morti in più rispetto alla media 2015-2019”.
“Ma non tutti – spiega – sono morti di Covid: sono morti anche per tutte le patologie che sono rimaste indietro, trascurate perché i medici erano impegnati a curare, appunto, il Covid, i reparti riconvertiti, gli screening e gli interventi rimandati”.
“Gli stessi medici dipendenti lamentano, tra le ragioni del loro disagio- esplicita – l’eccesivo tempo dedicato alla compilazione degli atti amministrativi, che sacrifica il tempo dedicato ai pazienti, ritenuto insufficiente dal 40% degli intervistati. Noi ora, anziché pensare a modificare un sistema che non funziona, vorremmo estenderlo anche ai medici del territorio? Quali risultati speriamo di ottenere, nascondendo la polvere sotto il tappeto, anziché cercare le ragioni per le quali si è accumulata e rimuoverla? È amaro, ma ancor più significativo, dover fare queste riflessioni proprio oggi, nella Giornata nazionale per la Vita, pochi istanti dopo le parole di Papa Francesco, perché, per i medici, ogni vita conta”.