Per molti rimane ancora la grande ‘C’, la parola che solo a pronunciarla mette i brividi. Ma in realtà grazie ai progressi della ricerca e della terapia tante cose stanno cambiando; ricevere oggi una diagnosi di tumore non equivale più ad una sentenza capitale, perché il cancro si può cronicizzare e, in molti casi, anche guarire (oltre il 60 per cento dei pazienti è vivo a 5 anni dalla diagnosi, secondo gli ultimi dati AIRTUM).
“I progressi della terapia da 30 anni a questa parte – ricorda il professor Giampaolo Tortora, direttore del Comprehensive Cancer Center della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – sono stati incredibili e negli ultimi dieci anni c’è stata un’ulteriore accelerazione, legata all’immunoterapia e alle terapie a bersaglio molecolare. Nei prossimi anni la velocità di crescita in questo settore sarà ancora maggiore. Ma già oggi l’Italia intanto fa registrare una mortalità per tumore tra le più basse in Europa e un numero di lungo-sopravviventi al tumore tra i più alti”.
Sono i risultati dei continui progressi della ricerca e di un lavoro di squadra, sempre più allargato, che punta a sconfiggere il cancro sul suo stesso terreno, quello della genetica. Il tumore infatti è una malattia del DNA, dovuta a geni ‘corrotti’, alterati, ‘mutati’, in grado di innescare la crescita incontrollata di cellule, che non hanno più altra funzione che replicare sé stesse, fino a distruggere l’organismo che le ospita, sfuggendo anche ai radar del sistema immunitario che ogni giorno fanno pulizia di queste cellule impazzite. “È per questo – spiega il professor Tortora – che, accanto alle armi tradizionali delle cure oncologiche (chemioterapia, radioterapia, chirurgia), stanno prendendo sempre più piede l’immunoterapia da una parte e le terapie a bersaglio molecolare dall’altra.
Con l’immunoterapia (nelle sue varie declinazioni: dagli anticorpi monoclonali contro i checkpoint immunitari ‘bloccati’ dal tumore, alle CAR-T) si fa in modo di riabilitare le nostre difese immunitarie per ‘armarle’ contro il tumore; con le terapie a bersaglio molecolare si cerca di colpire il tumore nella sua stanza dei bottoni, cioè a livello di quei geni ‘mutati’ che ne provocano la crescita incontrollata”. Ma le conoscenze sui meccanismi alla base del tumore sono ormai così avanzate che c’è bisogno di un vero e proprio ‘consiglio di guerra’ per discutere alcuni casi e assegnare loro la terapia più appropriata.
“Un compito affidato ai Molecular Tumor Board (MTB), come quello attivato presso la nostra struttura – ricorda il professor Giampaolo Tortora, presidente del MTB di Fondazione Policlinico Gemelli – dei quali fanno parte tanti specialisti (genetisti, epidemiologi, bio-informatici, anatomo-patologi, clinici di fase 1, farmacista, psicologi), oltre naturalmente ad oncologi, radioterapisti e chirurghi. Da questo lavoro di squadra emergono non solo indicazioni per trattamenti già approvati dall’autorità regolatoria, ma anche la possibilità di partecipare ad un trial clinico che vaglia una terapia sperimentale, coerente con le alterazioni molecolari riscontrate in un determinato paziente. Si può trattare di farmaci sviluppati ad hoc contro un determinato bersaglio molecolare, ma anche di farmaci ‘riposizionati’ contro quel bersaglio, sebbene nati per il trattamento di altri tumori.
Ovviamente, la discussione al MTB è riservata a quei casi portatori di alterazioni geniche, che possono tradursi in opportunità terapeutiche e che sono ancora una minoranza di tutti i casi di tumore. Ma con il miglioramento delle tecnologie, ci aspettiamo che nel prossimo futuro si allargherà il numero dei casi che potranno essere trattati in maniera mirata, in base delle alterazioni genetiche individuate”. Il trattamento del tumore oggi e domani. “La rivoluzione dei trattamenti oncologici è partita da almeno vent’anni – ricorda il professor Tortora – è difficile per chi non lo ha vissuto immaginare cosa fosse un ambulatorio di terapia oncologico prima; avevamo pochissimi farmaci a disposizione e quelli che usavamo avevano profili di tossicità altissimi. Per alcune patologie, come il tumore del rene, non avevamo alcuna terapia. Oggi, per tutte le neoplasie, abbiamo a disposizione una solida chemioterapia, con farmaci anche nuovi e una grande ricerca in questo settore; accanto a questi, un ampio numero di farmaci a bersaglio molecolare di vario genere (dalle piccole molecole, agli anticorpi monoclonali) e infine l’immunoterapia. In prospettiva, nel futuro immediato, vedremo ancora uno sviluppo dell’immunoterapia con farmaci che hanno la capacità di bloccare più bersagli (anticorpi monoclonali coniugati, anticorpi bispecifici) e singoli immunoterapici ‘multi-tasking’, cioè in grado di bloccare più bersagli.
Un po’ più lontano nel tempo, avremo le CAR-T (che oggi sono già una realtà consolidata per i tumori del sangue) per i tumori solidi, alle quali faranno seguito le CAR-NK (Natural Killer), e le CAR-M, terapie ‘cellulari’ manipolate geneticamente per attaccare dei bersagli tumorali. Da ultimo c’è il filone dei ‘vaccini’, promettente ma ancora sperimentale. Capire le ‘cause’ del tumore e intercettarlo sul nascere. L’individuazione delle cause ‘infettive’ di molti tumori, ha consentito di abbattere la loro mortalità. È il caso dell’eradicazione dell’Helicobacter pylori per il tumore dello stomaco, del vaccino contro il Papillomavirus per il cancro della cervice uterina, del vaccino contro l’epatite B e della terapia eradicante contro l’epatite C, per l’epatocarcinoma. Ma il principale fattore di rischio evitabile resta il fumo di sigaretta, responsabile da solo del 27% dei decessi per tumore in Europa. Importanti fattori di rischio da combattere per contenere la comparsa di queste e altre patologie sono inoltre l’abuso di alcol, il sovrappeso/obesità, la sedentarietà, la sindrome metabolica e il diabete.
Fondamentale resta poi l’implementazione degli screening per la diagnosi precoce; in Italia sono a disposizione gratuitamente quelli per i tumori del colon retto (sangue occulto nelle feci e colonscopia), mammella (mammografia) e cervice uterina (Pap test). “Purtroppo – ricorda il professor Tortora – la pandemia di Covid-19 ha fatto saltare molti screening negli ultimi due anni, con il risultato che stiamo vedendo diagnosi di tumore in fasi più avanzate, soprattutto nel caso del tumore della mammella e del colon. Molti tumori infine, come quelli del pancreas e dell’ovaio, purtroppo non hanno ancora uno screening dedicato e questo rappresenta un ostacolo alla diagnosi precoce.” Tumore del pancreas: le nuove strategie terapeutiche. Una delle neoplasie per le quali sono stati registrati successi terapeutici parziali e che è difficile diagnosticare in fase precoce è quella del pancreas, che intanto è salita al terzo posto nella classifica della mortalità per tumore. Ma la ricerca non si ferma.
“Stiamo lavorando alla possibilità di ricondizionare il microambiente del tumore del pancreas che rappresenta l’ostacolo maggiore al successo di qualunque trattamento, sia che si parli della penetrazione di un chemioterapico, che dell’immunosensibilità; questo è uno dei pochissimi tumori che non rispondono all’immunoterapia perché il suo microambiente lo ‘scherma’ completamente, rendendolo quasi uno stealth, un aereo invisibile’. Team di ricercatori di tutto il mondo stanno dunque cercando di capire come ‘ricondizionare’ questo microambiente, attraverso gli approcci più vari: dall’uso di nuovi farmaci immunomodulatori, anche per iniezione locale, alla rottura di alcune barriere attraverso mezzi fisici-meccanici, elettrici (elettroporazione). Se si riesce a far saltare il microambiente, quel muro di protezione che il tumore si è costruito intorno, si liberano antigeni tumorali che reclutano cellule immunitarie e riusciremo a far arrivare a destinazione i farmaci e a far penetrare le cellule ‘armate’ del sistema immunitario all’interno del tumore”.