Abbiamo rischiato il caos. Dobbiamo ringraziare Mattarella che rinuncia ad un meritato riposo e Draghi che rinuncia alla legittima aspirazione al Quirinale. E l’Italia è ancora in buone mani. Dopo una settimana di confusione estrema, con personalità di tutto rispetto maciullate dal tritacarne di politici improvvidi, è prevalsa l’unica soluzione possibile e di buon senso.
Ora la maggioranza deve rigare dritto e non mettere sassolini sulla strada del Governo. Chi pensa di fare campagna elettorale per tutto il 2022 mettendo in difficoltà il Governo si rassegni. Mattarella e Draghi non lo consentiranno.
Come dopo ogni elezione tutti i partiti si affretteranno cantare vittoria. Ma nessuno li applaudirà. Gli italiani hanno visto minuto per minuto un agitarsi continuo di manovre senza costrutto, un balletto di sedicenti kingmaker che non erano nè king nè maker, dichiarazioni a getto continuo che si contraddicevano ogni mezz’ora. Uno spettacolo desolante.
La disfatta di Salvini
Berlusconi gli aveva concesso -come chiesto da Verdini- l’opportunità di giocarsi la partita, ritirandosi e non facendo alcun nome. Ma il capo leghista non ha portato a casa alcun risultato e ha distrutto definitivamente quel poco di unità che restava nel centro-destra. Ora nel Carroccio la sua leadership sarà messa in discussione.
L’isolamento coerente di Meloni
Leale fino in fondo alle scelte adottate con Lega e Forza Italia, Meloni non ha mai cambiato rotta. I suoi hanno votato compatti per Casellati, mentre altri tradivano gli impegni presi. Non si è impegnata per costruire un candidato comune del centro-destra: ha lasciato che ci provasse Salvini, ben sapendo in partenza che il leader del Carroccio avrebbe fallito. Così fra un anno alle prossime elezioni sarà lei a proporsi come leader di ciò che resterà del centro-destra. Però alla fine avrebbe potuto vitare per Mattarella, dando uno schiaffo morale ai suoi alleati.
L’irrilevanza di Forza Italia
Con la rinuncia di Berlusconi, il partito ha perso qualsiasi ruolo nella partita del Quirinale, ha subìto l’onta della bocciatura di Casellati, si è accodato a Salvini fino all’ultima mossa strampalata del capo leghista. Solo all’ultimo minuto ha avuto un sussulto d’orgoglio e ha deciso di trattare in autonomia. Troppo tardi per contare qualcosa. Nubi dense sul futuro della creatura del Cavaliere.
Renzi una buona partita senza gol
Ha puntato sempre su Casini e ci era quasi riuscito. Si è fidato troppo dell’altro Matteo, che ha confuso le carte. Tutto poteva tollerare ma non un accordo diretto tra Salvini e Conte, con Di Maio dietro le quinte. Era troppo. L’ha mandato a gambe all’aria. Non ha vinto, ma non ha perso.
Conte contagiato dal salvinismo
Il capo dei 5S ha esagerato in dichiarazioni continue, modello Salvini, e in vari passaggi è sembrato più attratto dalle sirene leghiste che dai legami di lealtà con il Pd. Si è preso una rivincita su Di Maio bruciando in maniera maldestra la candidatura di Belloni. Ora si aspetti tempesta.
La flemma vincente di Letta
Due erano le sue preferenze: Draghi o Mattarella bis. Sapendo di non avere un partito compatto dietro di sé, ha evitato di esporsi. Ha aspettato che ad uno ad uno cadessero tutti i candidati del centro-destra. Ha saputo dialogare con Renzi e ha resistito alle frequenti fastidiose oscillazioni di Conte. Alla fine può dire di aver ottenuto un buon risultato.
Il silenzio autorevole di Draghi
Alla fine il kingmaker si può dire che sia stato lui. Non ha tessuto né trame né trappoloni. Ma è rimasto fermo su quello che aveva detto nella conferenza stamapa di natale: la maggioranza che elegge il Presidente della repubblica deve essere la stessa di quella che deve sostenere il governo. E così è stato. Poi dicono che è solo un tecnico….