L’Alleanza atlantica è stato uno dei frutti migliori del dopoguerra. Fondata da 12 Stati nel 1949, nel corso della Guerra fredda e subito dopo si è allargata fino ad includere 29 Paesi. E ci sono altri 4 paesi in lista di attesa per entrare nella NATO.
Alcuni ritengono che la NATO sia ormai il residuato di un’epoca superata dai tempi visto che il suo storico “nemico”, Il Patto di Varsavia, l’alleanza militare sovietica che univa i Paesi comunisti sotto la guida di Mosca, è stato sciolto nel 1991 e sostituito nel 1992 dal CSTO (Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva) formato da sei nazioni appartenenti alla comunità degli Stati Indipendenti (Russia, Armenia, Bielorussia, Kazahstan, Kighizistan e Tagikistan); in seguito l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud hanno sottoscritto accordi militari di reciproca collaborazione con Mosca.
In realtà la NATO, anche dopo la fine del Patto di Varsavia, ha continuato ad operare bene per le finalità di difesa della pace con operazioni militari come IFOR in Bosnia Erzegovina tra il 1996 e il 2004, KFOR in Kosovo dal giugno 1999, ISAF in Afghanistan dal 2001 al 2014, RS in Afghanistan dal 2015.
La NATO deve ripensare se stessa ma tutto deve fare fuorché indebolirsi, sciogliersi o dimostrarsi inutile ora che sulla scena mondiale esiste un gigante politico-economico-militare come la Cina e tante sfide regionali finiscono per coinvolgere direttamente o indirettamente Paesi della NATO.
Ad esempio, la NATO dovrebbe porsi il problema dell’immigrazione clandestina che, se incontrollata e gestita da bande criminali sempre più potenti, finisce per diventare una minaccia potenziale che riguarda molti Paesi membri dell’Alleanza.
La NATO dovrebbe posizionarsi come baluardo mondiale della lotta al terrorismo internazionale per difendere i Paesi membri ma anche per costituire un deterrente per attività terroristiche senza frontiere.
La Nato potrebbe anche svolgere attività di repressione della grande criminalità internazionale qualora essa dovesse minacciare l’integrità e l’autonomia degli Stati: pensiamo ad uno scenario-ipotetico-in cui il traffico internazionale delle droghe o le organizzazioni mafiose mettano a repentaglio la stabilità politica di Stati membri della NATO.
La NATO dovrebbe, inoltre, favorire un piano strategico di difesa dei Paesi dell’Unione europea per ottimizzare i costi, di fronte ad un alleato, come gli Stati Uniti, sempre più restio ad aprire i cordoni della borsa per finanziare le ingenti spese di funzionamento dell’organizzazione.
Insomma la NATO è tutt’altro che morta, anzi essa deve tornare a rinascere con orizzonti sempre più ampi. Ma per farlo deve essere credibile. E un’istituzione è credibile se è capace di ottenere dai propri membri il rispetto dello Statuto.
La Turchia, da un anno, ha deciso di fare di testa propria. Da quando è guidata in modo sempre più dispotico da Erdogan è diventata la pecora nera della gloriosa istituzione militare che ha svolto, comunque indirettamente, anche funzioni politiche di difesa e consolidamento della pace e della democrazia.
Nell’approvvigionamento delle armi compra il sistema di difesa missilistico S 400 da Mosca in palese contrasto con il piano della NATO degli F35 che potrebbero essere vittima dei missili russi. Come può un Paese che fa parte di un’alleanza avere contemporaneamente gli aerei di questa alleanza e il sistema di difesa missilistico di un Paese che non solo non fa parte di quell’alleanza ma contro i cui sistemi di difesa sono stati progettati gli aerei che la stessa Turchia ha in dotazione?
Il pilastro della NATO è, ovviamente, la collaborazione militare, e di essa si ricorda soprattutto il famoso articolo 5 dello Statuto che obbliga tutti i Paesi membri del Patto Atlantico a intervenire se uno dei membri della NATO viene attaccato.
Ma c’è un altro articolo dello Statuto dell’Alleanza atlantica che riveste importanza strategica ed è proprio il primo articolo. Esso recita così:
“Le Parti si impegnano, in ottemperanza alla Carta delle Nazioni Unite, a comporre con mezzi pacifici qualsiasi controversia internazionale nella quale possano essere implicate, in modo da non mettere in pericolo la pace, la sicurezza e la giustizia internazionali, e ad astenersi nei loro rapporti internazionali dal ricorrere alla minaccia o all’impiego della forza in modo incompatibile con gli scopi delle Nazioni Unite”.
Se applichiamo questo articolo alla recente invasione militare decisa unilateralmente da Erdogan nel territorio siriano a controllo curdo dobbiamo concluderne che siamo di fronte ad una violazione grave del Patto Atlantico da parte di un Paese membro.
È fin troppo evidente che l’invasione turca della Siria è incompatibile con gli scopi delle Nazioni Unite, mette in pericolo la pace, la sicurezza e la giustizia internazionali e, per aggiunta, aumenta la minaccia del terrorismo peggiore che la storia del dopoguerra abbia conosciuto, quello dell’ISIS.
Quindi il comportamento della Turchia crea una ferita grave alla NATO e una reazione si impone altrimenti questa violazione del Trattato costituirà un pericoloso precedente che legittimerà comportamenti analoghi di altri Paesi.
I Paesi della NATO reagiscano in coro unanime contro la Turchia per dimostrare che le parole del Trattato non sono lettera morta e che la NATO è sempre più viva.